domenica, novembre 30, 2008

 

Gli esami non finiscono mai

Ultimamente ho partecipato come uno dei relatori ad un pomeriggio di studio per anziani, organizzato da Tertianum Ticino SA, in merito al loro rapporto con i mezzi di comunicazione. Le esposizioni fatte da altri relatori sono state varie ed interessantissime. Ma ciò che mi ha stupito è stata la numerosa ed attenta partecipazione del pubblico della terza età. Questo mi ha confermato un mio costante pensiero che, se è utile offrire all’anziano, specie pensionato senza impegni precisi, momenti di svago (viaggi, giochi, ecc.), è certamente utile offrire momenti di cultura. E questo per tre motivi:

1. Per arricchire la mente attraverso un aggiornamento di quelle nozioni che ha appreso a scuola e durante la sua vita professionale, ma aggiornate. La scienza cammina con passi da gigante e le cognizioni valide “una volta”, diventano presto più vecchie dell’anziano stesso. Interessante ed utile tenersi aggiornati, curiosamente interessati dei programmi scientifici e culturali più moderni.
2. L’aggiornamento facilita il dialogo fra le generazioni; ci sono già dei genitori ed anche dei nonni che dicono: “Non posso più aiutare i miei figli o i miei nipotini nei compiti scolastici perché oggi fanno cose che noi non comprendiamo, in quanto non facevano parte del nostro curriculum di studi”. Quindi anche il dialogo in famiglia, non sempre facile su molti temi, su questo si spegne.
3. Ritrovi come quello a cui ho partecipato riuniscono la gente su temi seri, la stimolano al dibattito, permettono di scoprire interessi affini, tutto a vantaggio della comunicazione, un vero arricchimento della comunità.

E sapete su cosa ho parlato in occasione di quella mezza giornata dedicata all’anziano e ai mezzi di comunicazione? Sulla valorizzazione della solitudine. Vi sembrerà un assurdo, ma se noi non siamo capaci, da giovani e da anziani, di vivere intensamente la comunicazione con noi stessi, che nasce e si sviluppa solo valorizzando i momenti di intimità, di silenzio, di solitudine, non saremo mai capaci di comunicare profondamente con gli altri.

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martedì, novembre 25, 2008

 

Intervista sul Presepe.

1.- Padre Callisto, lei ha una vera e propria passione per il presepe, non manca di parlarne e di mettere l’accento sulla sua importanza. Come è nato questo suo grande interesse?

Il mio amore per il presepio evidentemente nasce dalla mia vocazione francescana. Ma anche da bambino, a casa dei miei genitori si faceva il presepio. Non lo trovavamo pronto, i figli collaboravano con il papà a costruirlo. Per cui quando ho lasciato la casa e sono entrato in Convento, è sempre stata una mia passione nei giorni antecedenti il Natale, a costruire dei piccoli o grandi presepi. Quando sono diventato parroco alla chiesa del Sacro Cuore di Bellinzona ho continuato con questa tradizione,ed ora la stessa si è sviluppata in un modo direi eccezionale. Di questo sono molto contento perché per me il presepio è una pagina di Vangelo aperta al pubblico.

(Troverete il seguito dell'intervista nella pagina del Gruppo Presepisti Ticinesi link qui a sinistra).

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Articolo dal Giornale del Popolo

La festa di Compleanno di una grande famiglia. Con questo spirito la comunità del Sacro Cuore di Bellinzona ha trascorso tra concerti, assemblea, cena fraterna, Santa Messa e un teatro francescano, le celebrazioni del quarto di secolo.
Certo, 25 anni fa, quando per volontà dell’allora vescovo di Lugano monsignor Ernesto Togni, si volle creare una comunità ecclesiale che raccogliesse la gente del quartiere Nord di Bellinzona la zona non era demograficamente sviluppata come oggi anche se già si intuiva per il futuro la necessità di realizzare un centro di fede viva, capace di servire un’area in pieno sviluppo. Una comunità dove si respira “il clima del cristianesimo delle origini” e “lo spirito francescano”. Ne ha parlato Padre Callisto, da sempre alla guida del Sacro Cuore, ieri mattina, durante una bella celebrazione nella quale oltre a festeggiare l’evento giubilare, sono stati conferiti i mandati annuali ai laici collaboratori parrocchiali ed è stata presentata l’icona realizzata per i 25 anni (e i 50 di sacerdozio di padre Callisto). Ed il frate ha ricordato come “il nucleo della vita religiosa della prima comunità cristiana era nelle case”, questo dato degli Atti degli Apostoli è un po’ come la nota caratteristica della comunità del Sacro Cuore; l’esperienza di un cristianesimo dove la comunità è la casa in cui ritrovarsi. Su questo modello si è costruito tutto il resto: i battesimi comunitari, le Eucarestie sempre molto animate, l’accoglienza nel coro del convento dei defunti della zona, quale segno dell’affetto e della riconoscenza di tutti. “La gente deve sentire di appartenere ad una comunità che è scuola di formazione”, ha sottolineato ancora P. Callisto. E allora - la catechesi dei ragazzi, che dalle elementari è continua, con un accompagnamento garantito fino al termine della Scuola Media Superiore. Tanti poi i servizi pratici svolti: dall’attenzione materiale dei primi anni verso gli ospiti della vicina Casa Anziani ad oggi, con le diverse esperienze di solidarietà portate avanti da fra’ Martino Dotta. E poi la dimensione della fede come “caso serio”, in una chiesa dove “ogni volta che entro, trovo sempre qualcuno in preghiera”, ha testimoniato ancora padre Callisto.
Quanto ai festeggiamenti, la gente non si è fatta desiderare: chiesa zeppa per il concerto di venerdì sera delle giovani voci del Conservatorio della Svizzera italiana, partecipazione motivata all’assemblea comunitaria di sabato conclusosi con una cena fraterna, fedeli di tutte le età alla Santa Messa di domenica. La conclusione, con una nota francescana, ieri sera, grazie alla rappresentazione del “Cantico di Fratello Sole” (testi di padre Giovanni Pozzi e interventi musicali della Cantoria di Giubiasco e del Quartetto d’archi Larius).

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domenica, novembre 23, 2008

 

Prevenire, meglio che guarire

Ho lavorato per parecchi anni nel campo della lotta contro la droga. Ho fatto parte, fin dal suo nascere, del Gruppo operativo droga insieme a persone che oggi ricoprono cariche nazionali come Dick Marty e Fulvio Pelli, psicologi e psicanalisti come Mauro Martignoni e Graziano Martignoni, ed altri ancora. Come segretario generale di Comunità Familiare ho sollecitato l’associazione a studiare il progetto di legge e a chiedere l’introduzione dell’impegno di associazioni private in questo campo. Il Gran consiglio a maggioranza, dopo una accesa discussione ha accettato, ed ancora oggi le strutture sono private anche se sussidiate dallo Stato. Dico questo per legittimare - se ce ne fosse bisogno - la mia posizione contraria all’iniziativa: “Per una politica ragionevole in materia di canapa che protegga efficacemente la gioventù”. Per me questa iniziativa non è “ragionevole” e non è “protettiva” per la gioventù. Dico questo rifacendomi ad una dettagliata posizione dei vescovi svizzeri già dal 1994 (stesa da esperti nel ramo), che si fonda sulla politica in materia di quattro pilastri: la prevenzione che deve essere condotta innanzitutto in famiglia, poi nelle scuole e nei gruppi giovanili; la terapia in istituzioni specializzate dove il clima deve rispettare la personalità di colui che deve ricorrere ma, nello stesso tempo, fermezza e decisone da parte dei terapeuti; la riduzione dei rischi che deve offrire ai “giovani in pericolo” dei validi mezzi onde evitare di cadere nelle maglie di questo terribile demone; dei sostegni mirati e la repressione per gli spacciatori che, per guadagno, mettono in pericolo la vita di giovani deboli ed inesperti.
Personalmente ritengo che queste prese di posizione sia ancora valida oggi, perciò respingo ed esorto a respingere questa iniziativa.

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domenica, novembre 09, 2008

 

America...

Dire che sono entusiasta per l’ elezione di Barack Obama è troppo, ma posso dire che sono contento. Primo, perché è la vittoria di un partito che è meno peggio di quello che ha governato finora; secondo, perché ha promesso - e speriamo che mantenga - il ritiro delle truppe dal Medio Oriente, dando esempio ed incentivo ad altre nazioni di fare altrettanto, ma soprattutto perché è una vittoria contro l’antirazzismo che accarezza, anzi fomenta, idee sulla supremazia della razza bianca su quella di colore. C’è solo da sperare che possa governare e che, quelle forze che hanno già macchiato l’America di sangue presidenziale e di leader di colore, non lo “facciano fuori”.
Chi mi sta leggendo forse avrà l’impressione che, alla frase iniziale di non esultanza, in me si aggiunga anche una frase di paura. È vero, ma vi è un altro sentimento che da tempo si sviluppa e che non chiamerei anti-americanismo, ma relativa presa di distanza da tutto quello che viene importato dagli Stati Uniti. Di zavorra da quel Paese ne importiamo molta. Si pensi solo al lessico: ci sono persone che non sanno dire una frase senza infarcirla di termini anglo-americani. I cibi: noi, che possiamo vantarci di una gastronomia italiana di tutto rispetto, permettiamo ai nostri ragazzi di rimpinzarsi di hamburger nei fast food.
Ma l’ultima novità, certamente peggiore, affettivamente dissacrante, è la festa di Halloween. La si celebra per i santi e morti. Questo accostamento streghe e morti è la peggiore americanata che si conosca e mi pare di pessimo gusto l’iniziativa di un gruppo di genitori di organizzare una festa di Halloween per aiutare dei bambini ammalati. Ancora una volta il fine non giustifica i mezzi. I bambini infermi hanno bisogno di un aiuto dato col sorriso e non con il sogghigno delle streghe.

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domenica, novembre 02, 2008

 

Giorno dei morti

Oggi giorno dei morti, ne approfitto per denunciare un lutto non rispettato, dei morti non onorati durante l’ultima olimpiade. Inizio dicendo chiaramente che sono stati tenuti in una nazione che sarà un modello nell’organizzare, ma non nel rispettare i diritti umani. Ora però vengono fuori le pecche etico-morali e, sono certo, malgrado la sabbia con la quale si cercheranno di coprirle, spunteranno ugualmente.
A dar man forte ai cinesi ci hanno pensato anche gli organizzatori dell’avvenimento. Mi riferisco alla proibizione di celebrare il lutto per i 150 morti della sciagura aerea spagnola avvenuta in quei giorni. Alla squadra iberica fu proibito portare il lutto, cosa che si permette ad una squadra di calcio in qualsiasi occasione luttuosa. Fu pure proibito di lasciare la bandiera spagnola a mezz’asta. Che fastidio avrebbe dato ai signori dell’organizzazione una fascia nera (supposto che il lutto sia manifestato in quel modo) sul braccio degli sportivi di una nazione così duramente colpita. Che fastidio dava una bandiera a mezz’asta? Forse rompeva la simmetria? E 150 vite umane non valevano questa rottura?
Lo sport è bello, ma come tante altre cose, istituzioni, organizzazioni, competizioni, ha il rovescio della medaglia. Questo rovescio ha un nome solo: mancanza di rispetto per l’uomo, per le sue vite (doping), per i suoi sentimenti, (lutto). Pensate anche alla violenza negli stadi e alle disposizioni prese in Italia per combatterla proibendo le trasferte dei supporti più esagitati. Purtroppo qualche avvisaglia è apparsa anche da noi. Lo sport è bello se rimane sport e non lotta. Ma l’uomo è più forte dello sport violento e c’è da augurarsi che riesca a far emergere l’aspetto ludico e non quello solo competitivo.

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