domenica, ottobre 26, 2008

 

Rimembranze e prospettive

La bellezza di questa Etic(hett)a è che si può scrivere a libera scelta, o meglio “di ciò che abbonda il cuore”.
Ed il mio cuore in questo periodo abbonda di auguri per il Convento dei cappuccini di Faido che ha chiuso l’anno giubilare dei suoi 400 anni di età.
Una storia particolare la sua. Non voluto dai frati milanesi dentro la cui provincia religiosa era quel territorio. Fermamente voluto dai faidesi che, per avere nel loro borgo quei frati, scomodarono gli Urani, signori della Leventina, il cardinale di Milano Federico Borromeo, il generale dell’Ordine Lorenzo da Brindisi, poi santo e su, su fino al papa…
I frati ubbidienti, anche se renitenti, accettarono e nella primavera del 1707 piantarono la croce che segnava l’inizio della costruzione del convento
Non conosco conventi dove la popolazione non si sia tanto stretta attorno ai cappuccini; qui i “frati del popolo” dal popolo sono sempre stati amati e venerati.
In pochi luoghi la “gente” ha amato e difeso in modo così estremo i cappuccini come a Faido. Nel biennio 1874-1875 vi è stato, da parte del Governo, un tentativo di chiusura per usare l’ampio edificio a scopo militare. La popolazione si ribellò, le autorità municipali offrirono delle alternative, arrivando ad ospitare i frati per un breve periodo in case private.
Oggi i frati sono i parroci di quasi tutta la media Leventina, gli assistenti spirituali delle case di cura, i docenti di religione nelle scuole. Non sono accanto, ma dentro quella popolazione.
Ed il fatto di essere così amati produce anche l’effetto che un frate quando s’installa a Faido, difficilmente lascia quel luogo, specie se è originario della regione.
Io, ufficialmente, a Faido come membro di quella Comunità non sono mai stato. Da giovane sacerdote vi andavo settimanalmente a far scuola. Ma ho vissuto i cinque anni della scuola media, come “fratino” in quello che allora era il Seminario serafico. Cinque anni di formazione familiare e gioiosa di cui serbo grato ricordo e che nella mia vita hanno inciso solo in bene.
Del quarto centenario resta come ricordo un libretto che si può chiedere a quel convento dal titolo: “I Frati in Leventina”.

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domenica, ottobre 19, 2008

 

Comprendere e consolare

La settimana scorsa è stata tenuta una giornata di studio sull’atteggiamento della Chiesa cattolica rispetto ai divorziati. Partecipanti: le coppie che animano i corsi in preparazione al sacramento del matrimonio nella nostra diocesi. Relatori: un sacerdote di Bergamo, che ha dato vita a un’azione pastorale per i separati e divorziati, Don Eugenio Zanetti ed il sottoscritto.
La giornata tenuta al Centro San Ilario di Bioggio, è stata aperta il venerdì sera a Bellinzona presso il Centro Spazio Aperto con lo stesso tema. Da questi incontri, interessanti e vivi, sono emersi i seguenti problemi:
La Chiesa Cattolica è troppo severa contro quelle persone alle quali il matrimonio non è riuscito. Se sono passati a nuove nozze li esclude dai sacramenti, nega un momento liturgico in occasione del secondo matrimonio; sembrano atteggiamenti che non collimano con la “misericordia di Gesù”.
È indispensabile verificare meglio la capacità degli sposi di contrarre il sacramento del matrimonio. Se è vero, come dice l’evangelista Marco, 10, 1-12 che è Dio che “li ha uniti”, c’è da restare perplessi dal fatto che unisca persone che non credono in lui, persone che psichicamente non sono in grado di fissare il loro amore su una sola persona, o su chi non ha realizzato l’altra parola biblica “lascerà il padre e la madre…”, perché ha ancora il cordone ombelicale stretto coi propri genitori. Le condizioni per un matrimonio-sacramento sono alte, c’è da chiedersi quanti matrimoni celebrati in chiesa sono validi?
È indispensabile, anche da noi, che la Chiesa si mostri sollecita per aiutare i separati e divorziati a sviluppare la loro vita religiosa e spirituale. Non bastano dichiarazioni verbali che la “Chiesa non li rifiuta”, sono indispensabili atti concreti di accoglienza.
Solo così realizzeremo la parola di Cristo che dice: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi” da una vita matrimoniale diventata impossibile, fatta d’incomprensioni e di lotte, “ed io vi consolerò”.

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domenica, ottobre 12, 2008

 

Regole

Ho ripreso l’attività importante di “Educazione Sociale” al Centro “Spazio Aperto” di Bellinzona. Sono degli incontri per adolescenti e giovani dalla terza media alla fine delle scuole superiori o apprendistato che si svolgono una volta al mese (domenica sera dalle 19.30 alle 21.30), dove i giovani a gruppi di età, animati da docenti, discutono su temi precisi. Domenica scorsa il tema era “L’abbassamento di età nella vendita di alcoolici”. Ogni partecipante aveva una scheda con due posizioni, una favorevole l’altra contraria. Dopo il lavoro di gruppo vi è stata una discussione generale dove si sono confrontate le due tesi. Tutti gli animatori (ed il gruppo dei genitori che pure partecipa) si sono meravigliati della capacità dei giovani di sostenere le proprie tesi. Chi era d’accordo di abbassare l’età argomentava che non è la legge che può arginare l’alcolismo giovanile, ma la responsabilizzazione, che inizia con l’esempio in famiglia. Chi vorrebbe che l’età minima per la vendita degli alcoolici rimanga a 18 anni sosteneva che la legge è necessaria perché, comunque, è un deterente soprattutto in vista della patente di macchina. Comunque tutti i partecipanti hanno denunciato l’abuso di alcool da parte dei giovanissimi e l’incoscienza di parecchi ristoratori e venditori che, senza scrupolo, trasgrediscono la legge che vieta detta vendita sotto l’età indicata e consegnano troppo facilmente alcool a qualsiasi maggiorenne quando già sanno che sarà poi consumato in gruppi in cui la presenza di minorenni è assicurata. Nel gruppo dei genitori la preoccupazione era alta. Pur essendo famiglie sensibili, già denunciavano qualche abuso nei loro stessi figli, specie per carnevale, e invocavano più controlli e più sensibilizzazione. Un lavoro dunque, quello che si fa a Spazio Aperto e che risponde esattamente al nome che porta “Educazione sociale”. Chi fosse interessato a partecipare telefoni al nr. 091 826 47 76 (segreteria di Spazio Aperto).

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domenica, ottobre 05, 2008

 

Etica, eecologia

La scorsa settimana sono stato con un gruppo a Compostela al celebre santuario di San Giacomo. Tutto il programma ha funzionato bene, abbiamo raggiunto quella storica meta parte in pulmann e in parte con parecchi chilometri giornalieri a piedi.
Sono ritornato dopo una decina d’anni a San Giacomo e l’ho fatto volentieri perché sto approfondendo la storia degli inizi del cristianesimo, dove le figure degli apostoli sono emergenti, sia se si considerano i fatti sotto gli aspetti storico-scientifici, sia sotto l’angolatura teologico-apologetica.
La domenica prima di partire, nella chiesa del Sacro Cuore a Bellinzona, in occasione della Festa Federale, abbiamo celebrato una funzione ecumenica con i rappresentanti di tutte le chiese cristiane del Ticino. Dopo la celebrazione della liturgia, un bel gruppo di partecipanti si è riunito al Centro Spazio Aperto per approfondire il tema dell’incontro: “Il rispetto del creato”. Siamo stati aiutati dall’On. Dick Marty e da Mario Camani. In chiusura ho fatto osservare che un tema, sul quale tutte le Chiese dovrebbero essere unite e collaborare, è quello ecologico perché tutte devono coltivare la persuasione che la creazione non è stata un atto collocato al punto iniziale della storia, ma è un’azione divina che continua sempre. Attentare alla creazione vuol dire “peccare” contro il piano divino, ostacolare il suo sviluppo. Ho detto anche che Cristo, predicando il Regno di Dio sulla terra, ha investito i suoi testimoni (i membri delle diverse Chiese) di questo impegno, perché al di là delle differenze dogmatico-morali, tutti dobbiamo lottare in favore dell’uomo e del suo ambiente. Solo così renderemo testimonianza di una creazione che continua e di una provvidenza divina che ci chiama a collaborare perché l’opera di Dio, che noi chiamiamo “mondo”, resti veramente tale. Le diverse Chiese cristiane esistenti nel nostro territorio dovrebbero trovare altri temi sui quali impegnarsi e altri momenti nei quali trovarsi. Ridurre gli incontri alla Settimana per l’unità della Chiesa e alla Festa Federale è un po’ formale. Sarebbe forse utile un “osservatorio politico comune” per far sentire la voce su problemi sociali in contrasto col vangelo; il lavoro non mancherebbe.

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