domenica, aprile 24, 2011

 

Pasqua

La Pasqua di Risurrezione è la principale festa cristiana dell'anno. Più importante del Natale, ma più difficile da capire. Purtroppo nelle spiegazioni catechistiche e, forse, anche nelle prediche, si presenta la risurrezione di Cristo come la rianimazione del suo cadavere. I testi evangelici che parlano del fatto pasquale, se non sono ben compresi, soprattutto se non si approfondiscono i loro generi letterari - cosa non facile - possono spingerci dentro l'errore della rianimazione.
Ora è uscita una bella spiegazione - pure non troppo facile - nella seconda parte del libro di Gesù di Papa Ratzinger. Parlando della Risurrezione, fra l'altro, scrive: "Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto. Non sarebbe infatti più importante della rianimazione, grazie all'abilità dei medici, di persone clinicamente morte. Per il mondo come tale e per la nostra esistenza non sarebbe cambiato nulla. Il miracolo di un cadavere rianimato significherebbe che la risurrezione di Gesù era la stessa cosa che la risurrezione del giovane Nain (cfr Lc 7, 11-17), della figlia del Giàiro (cfr Mc 5, 22-24.35-43 e par.) o di Lazzaro (cfr Gv 11, 1-44). Di fatto, dopo un tempo più o meno breve, questi ritornarono nella loro vita di prima per poi più tardi, a un certo punto, morire definitivamente".
"La risurrezione di Gesù" - continua il Papa - "è stata l'evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò - una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell'essere uomini. Per questo la risurrezione di Gesù non è un avvenimento singolare, che noi potremmo trascurare e che apparterrebbe soltanto al passato, ma è una sorta di "mutazione decisiva", un salto di qualità. Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini".

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domenica, aprile 17, 2011

 

Elezioni

Lo tsunami elettorale è passato lasciando il segno. I politologi di casa nostra - di qualsiasi caratura - apportano le ragioni dell'avvenuto cambiamento. Ma, a mio modesto parere, le domande più importanti da porsi sono le seguenti: perché tante persone si sono astenute dal votare? Perché fra i perdenti ci sono i partiti storici e fra i vincenti i nuovi movimenti? Ognuno potrà dare le risposte che meglio crede e non saranno per forza le mie quelle "giuste". Comunque resta il fatto che anche i partiti, come tante altre istituzioni (famiglia, chiesa, scuola, ecc.) sono in crisi. Se non si educa all'associazionismo, se non si ricorda che l'uomo è un essere sociale che per vivere e per esprimersi ha bisogno di comunità accoglienti, si svilupperà sempre di più l'individualismo, il culto di se stessi, la ricerca del proprio interesse.
Dopo la caduta del comunismo, che qualche nocciolo di verità evangelica conteneva, è aumentato l'individualismo e il liberismo economico. Speriamo di essere in un momento di assestamento di questa stadera che dovrebbe bilanciare i diritti personali con gli impegni sociali. Questa, secondo me, è la vera e giusta politica: rispettosa dei singoli, creatrice di vere comunità di servizio, specialmente a favore dei meno fortunati. È la politica che Gesù ha espresso in alcuni detti rimasti basilari: "Amerai il prossimo tuo come te stesso", "Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, ma fa agli altri quello che vorresti fosse fatto a te". Notate l'equilibrio: la persona (l'io) non viene cancellata, ma dilatata verso il prossimo (gli altri).
Personalmente ho fiducia nelle nostre autorità, sia nell'Esecutivo come nel Legislativo; saranno certamente capaci di ricercare il bene comune al di là delle appartenenze partitiche. Ma i responsabili dei partiti dovranno migliorare le loro formazioni rendendole più scuole di politica che centrali acchiappa-voto. Così facendo risusciteranno interesse anche in chi si è allontanato e manifesta il suo disinteresse per i partiti astenendosi dal partecipare ad uno dei pochi momenti democratici che sono le elezioni.

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domenica, aprile 10, 2011

 

Patria e dovere

Forse qualcuno leggerà questa Etic(hett)a quando già si conoscerà la composizione del nuovo consiglio di Stato. Ci sarà chi gioirà se corrisponderà al proprio voto, ci sarà chi si rattristerà se risulteranno elette persone che non ha votato; l'accettazione delle autorità in un sistema democratico è fonte di gioia o di dolore. Ma il cristiano come deve comportarsi con le autorità democraticamente elette? Noi uomini ci troviamo riuniti in una società dove la lingua, l'amicizia, la razza, il modo di vivere, la dipendenza e la responsabilità ci legano gli uni agli altri. L'organizzazione per eccellenza della società è lo Stato. Per quanto riguarda il nostro atteggiamento nei confronti della società organizzata, vale l'insegnamento della Sacra Scrittura: lealtà, cooperazione, obbedienza. "Ogni uomo deve sottomettersi a coloro che hanno autorità sopra di lui. Giacché non vi è autorità se non da Dio. Anche l'autorità costituita è da Dio". Che cosa significano queste parole di San Paolo? L'ubbidienza alle leggi della società (riguardanti i contratti, i diritti, le responsabilità, la circolazione stradale, ecc.) è un dovere di fronte a Dio. Non va inteso nel senso che Dio nomini i governanti. Ma Dio ha fatto l'uomo in modo tale che, non soltanto cresca nell'obbedienza ai genitori, ma viva anche serenamente nella comunità statale di cui fa parte, in leali rapporti con l'autorità che vi è stata scelta. Ne consegue ordine, pace e letizia, secondo lo Spirito di Dio. Il servizio alla patria può esigere sacrifici. In tempo di catastrofi, di epidemie o di aggressioni da parte del nemico, le forze di una comunità civile vengono mobilitate. Uomini danno la loro vita. Ci sentiamo più uniti che mai. Ed è proprio in casi di difficoltà sociali che il ruolo delle autorità diventa importante e la collaborazione dei cittadini alla loro azione indispensabile.

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domenica, aprile 03, 2011

 

Donne, Chiesa, politica, uguaglianza.

Il voto alle donne, acquisito in Svizzera 40 anni fa, che prossimamente sono invitate - forse più degli uomini - ad esercitare, fatalmente ripropone ai cattolici il tema sulla posizione della donna nella Chiesa.
È notizia che un folto gruppo di teologi germanici ha scritto al papa (loro connazionale) una lettera proponendo varie modifiche per "aggiornare" la Chiesa e, fra le stesse, vi era il sacerdozio femminile.
Non credo che riceveranno risposta, anche perché il suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, aveva dichiarato che quella limitazione (che per lui non era tale) non era riformabile e la questione doveva ritenersi chiusa. Non faccio tifo per il sacerdozio femminile, ritengo soltanto che non essendo verità di fede che una donna non possa accedere al sacerdozio, la questione non è chiusa; lasciamo alla Provvidenza i suoi tempi (solitamente lunghi) per modificare questa ed altre leggi ecclesiastiche.
Quello che maggiormente m'interessa è la posizione dei laici in generale nella Chiesa, ed in particolare quella delle donne. Quest'ultime si sobbarcano molto lavoro nelle singole comunità, dal pulire l'edificio, al catechismo ai bambini, al tenere il segretariato, al leggere in chiesa (impegno tollerato dalle autorità vaticane); ma quanto è apprezzato questo lavoro?
Ci sono troppi parroci che hanno una visione gerarchica del loro ruolo; chiedono magari consiglio, ma poi si arrogano il diritto di non seguirlo. Personalmente ho assunto la posizione del cardinal Martini che, parlando del Consiglio pastorale (che secondo il diritto canonico) ha solo voce consultiva, diceva: "Per me questa Voce consultiva è decisionale, accetto che detto organo decida qualcosa contro il dogma e la morale". Questo è il modo di collaborare e di fare, d'ogni parrocchia, una Comunità. L'emarginare le donne, il non riconoscere il loro impegno - e quindi la loro dignità - porta ad un grave danno; fa rompere, o almeno allentare quella cinghia di trasmissione della fede tra mamma e figli, e di questo pericolo stiamo già assaporando dei frutti amari. Possa l'anniversario del quarantesimo di voto alle donne risvegliare tutti i credenti affinché riprendano un discorso di pari dignità fra i sessi anche all'interno della Chiesa. La stessa non deve accontentarsi di ripetute declamazioni sulla grandezza del "devoto femmineo sesso", ma deve impegnarsi affinché alla parola, per quanto nobile sia, seguano dei fatti concreti.

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