lunedì, agosto 30, 2010

 

Ampi margini di miglioramento

Un punto in cui dovrebbe esserci un deciso miglioramento nella Chiesa cattolica, è la posizione della donna nelle sue istituzioni. Il tema del rapporto tra cattolicesimo e donna provoca le affermazioni più contraddittorie; c'è chi dice che la donna è sottovalutata, mentre ci sono documenti pontifici che la lodano nell'atto stesso che ne impediscono l'accesso a determinate cariche.
Per quanto riguarda la tradizione giudeo cristiana, il discorso fondamentale lo troviamo già nella prima pagina della Bibbia. Dio creò l'essere umano innanzitutto come persona di sesso maschile, soltanto in seguito creò la donna da una costola dell'uomo, perché gli fosse di adeguato aiuto (Gn 2, 18). In questo discorso è palese la posizione di inferiorità della donna e non vale la scusante che oggi tutti sanno che non si tratta di un racconto storico, ma di un mito.
La verità sta nel fatto che per più di due millenni questo racconto ha segnato profondamente la mentalità di milioni di uomini e donne cattolici, rispetto all'inferiorità della donna. È stano che una religione tanto alta, tanto profonda, possa sbagliare su un punto così delicato. E' vero che Gesù ha usato verso le donne un atteggiamento di particolare apertura, ma Egli stesso fu legato da tradizioni che nel suo ambiente non sarebbero state comprese se sorpassate.
Per esempio quella di eleggere dodici apostoli tutti maschi, preferendo addirittura un traditore che una qualsiasi donna.
Ecco perché la donna, anche nella chiesa primitiva, dove pur sono nominate alcune diaconesse e profetesse, non ha mai raggiunto la parità dell'uomo. Mi si risponderà che la Chiesa cattolica ha valorizzato le donne dichiarando molte di loro sante. Ma nell'antichità erano soprattutto gli uomini che venivano elevati - come si dice in gergo ecclesiastico - agli onori degli altari. Le donne che venivano canonizzate erano principesse o monache, quindi persone non comuni. Oggi qualche eccezione è stata fatta. Troppo poco e "post mortem"!

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domenica, agosto 22, 2010

 

Libertà di religione

Nell'ultima etic(hett)a abbiamo parlato della verità e della salvezza che possono esistere nelle diverse religioni.
In questa vorrei trattare un altro problema, quello di riconoscere in altre religioni degli elementi positivi che possono essere incorporati dentro la propria fede. Per esempio: quando un cristiano crede di trovare nell'induismo elementi religiosi che l'aiutano e arricchiscono nel suo rapporto con Dio, non ha bisogno di lasciare il cristianesimo, può benissimo incorporare quegli elementi captati dalla propria sensibilità cristiana al suo vissuto cristiano.
Molto probabilmente nel riceverli li modifica e li adatta nel tempo stesso che questi influiscono, inevitabilmente, sull'insieme della sua vita cristiana. Se un indù nel suo contatto con il cristianesimo percepisce in Cristo una pienezza di rivelazione capace di portare il suo vissuto religioso a una certa crescita, potrà avvicinarsi a Cristo, captato secondo la sua sensibilità orientale, tanto diversa da quella europea, ma non dovrà abbandonare tutti gli elementi di verità che costituiscono la sua esperienza religiosa indù; la sua accettazione di Cristo rimarrà dentro la cultura della sua religione.
Non si tratta dunque di abbandonare una religione per convertirsi ad un'altra; la persona rimarrà di principio nella sua religione, ma assumerà elementi e dimensioni che arricchiscono il suo vissuto religioso. Ci potranno essere elementi incompatibili che esigono una decisione, ma ciò non costituirà la regola generale, bensì l'eccezione. Con ciò non voglio negare, né il valore delle conversioni (passaggio da una religione all'altra ritenuta più confacente alla propria vita), né il valore delle missioni intese come proposta del vangelo a persone che ancora non lo conoscono. Ma il tutto deve avvenire nel rispetto assoluto della libertà personale. La storia ci dice che tra i crimini più efferati vi fu l'imposizione religiosa e l'attualità parla ancora di delitti perpetrati contro chi vuole cambiare religione.

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domenica, agosto 15, 2010

 

Le strade della Chiesa

Continuando il discorso sulla Chiesa che è il tema di queste mie etichette estive, credo che sia importante parlare della sua conversione. Sì, avete letto bene, la Chiesa deve convertirsi: vuol dire cambiare strada.
Personalmente non credo che la Chiesa sia su una strada sbagliata, ma constato che alle volte prende delle scorciatoie che forse la portano più lontano dalla strada principale che è il vangelo. Per esempio la scorciatoia dell'istituzionalizzazione in cui la Chiesa diventa il soggetto più importante, che invece di predicare il Regno di Dio aperto a tutta l'umanità si interessa di più dei suoi addetti, addirittura della sua struttura. Un'altra strada pericolosa per la Chiesa è quella dell'esclusivismo, cioè di credersi l'unica e assoluta depositaria della verità e della rivelazione, chiudendo l'azione di Dio dentro i propri confini invece di aprirsi e di lasciare a Dio la libertà di essere Dio.
Fu il Concilio Vaticano II che tentò di aprire i confini esclusivisti della Chiesa rifiutando, per esempio, quel assioma: "Fuori della Chiesa non vi è salvezza". Lo fece secondo le sue possibilità, quindi secondo una ricerca teologica dei suoi tempi, sostenuta da personalità di grande spessore. Oggi questa ricerca di apertura si spinge molto più avanti. Non si dice che chi è fuori dalla Chiesa può salvarsi perché inconsciamente fa parte della stessa, ma si ammette una salvezza più generalizzata. Questo non vuol dire rinunciare alla propria Chiesa, alla quale si crede profondamente, bensì ammettere che anche in altre religioni, non solo cristiane ma anche non cristiane, quindi non strutturate in Chiese, vi siano delle strade di salvezza.
Amare la propria Chiesa, la propria fede religiosa è un dovere ed è una gioia. Ma ciò non vuol dire assolutamente disprezzare, ignorare le altre Chiese e le altre religioni, ma vedere nelle stesse dei semi di verità, delle strade di giustizia e di amore che portano all'amore supremo che, per tutte le religioni e le chiese degne di questi nomi, è soltanto Dio.

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