domenica, ottobre 29, 2006

 

Commemorazioni

Etic(hett)a da "il c@ffè", 29 ottobre 2006

Siamo in prossimità delle ricorrenze dei santi e dei morti, o meglio dei morti che una volta tali quasi tutti diventano santi. Non vi siete mai presi il tempo e lo sfizio di leggere gli avvisi mortuari che ogni giorno appaiono sui nostri quotidiani e che parecchia gente legge quale pagina esclusiva, facendosi una cultura che definirei necrofila?
Se muore un giovane è sempre un angelo “rubato dal cielo”, giungendo a dire “Il buon Dio aveva bisogno di lui(!)”. È sempre “Una stella che brilla lassù” o “un astro che illumina la nostra vita” e chi più ne ha, di queste frasi “illuminanti”, più ne mette. Questi necrologi giovanili sono poi firmati da nomi impronunciabili: Rake, Kat, Koch, Kim, Cus, Bo, Gous, Ju, Jo, Je, ecc. Sarà il gergo amicale, ma chi firma dovrebbe permettere l’individuazione del proprio nome.
Gli adulti, nei necrologi, sono sempre carissimi, amatissimi e i parenti, addoloratissimi, tristissimi fino a costernatissimi. Se poi ci sono nipoti, questi sono sempre “adorati”, come le amanti in qualche necrologio che segue quello della famiglia. Che bugie, che tristezza, che finzioni!…
Non credo sia questo il modo di onorare i nostri morti. Come non è il modo quello di andare al funerale per convenienza: “Così mi vedono”. O per interesse: “Così il figlio, mio datore di lavoro, mi promuove”. O, sotto le votazioni: “Così i parenti mi votano”.
E non penso che sia giusto chiedere la celebrazione di Messe funebri solenni per un defunto che non è mai andato in chiesa, quasi per dirgli: “Da vivo non sei entrato in chiesa, ora stai qui un’oretta”. Basterebbe una liturgia della Parola, una benedizione.
Soprattutto non è corretto trattare il parroco come un impiegato delle pompe funebri, arrivando addirittura a rifiutare un incontro quando questi chiede per personalizzare il funerale. O pretendere di scegliere la chiesa dove si vuol fare il funerale.
Si capisce il dolore, non si capisce la maleducazione!
Credo invece che sia giusto - anche sul necrologio - ringraziare il defunto per quello che è stato e per quello che ha fatto, oltre che ringraziare coloro che gli sono stati di aiuto durante la malattia. Inoltre, l’usanza di indicare opere sociali a cui devolvere eventuali offerte, è molto umana e cristiana.

domenica, ottobre 22, 2006

 

Incontri

Etic(hett)a da "il c@ffè", 22 ottobre 2006

Se c’è un paese dove le parole di papa Benedetto XVI sull’Islamismo devono aver suscitato reazioni anche forti deve essere lo stato laico della Turchia. Ne ho avuto una prova durante la scorsa settimana in occasione di un mio viaggio alla scoperta delle radici bibliche e cristiane in Mesopotamia e Cappadocia. Mi trovavo in uno di quegli spiazzi dove si fermano i pullman, ad aspettare che il mio gruppo scendesse da una montagna dove io non avevo potuto salire. Quello spiazzo era pieno di quelle bancarelle che vendono le solite cianfrusaglie ai turisti e visitatori. Ad un certo punto mi sentii molto osservato da uno di quei venditori che si avvicinò a me, interpellandomi in lingua turca.
Feci comprendere che non avevo capito, allora si espresse in francese. Iniziò a domandarmi chi ero e da dove venivo. Alla mia risposta che ero uno svizzero e sacerdote cattolico mi disse: “Le pongo una domanda: cosa ne pensa delle frasi dette da Benedetto XVI a Ratisbona”. Risposi francamente che quelle frasi dovevano essere giudicate nel loro contesto, che potevo comprendere le reazioni dei mussulmani, ma che le stesse non dovevano creare dei conflitti religiosi, cosa che certamente il papa non avrebbe mai voluto. Comunque ero rincresciuto che i musulmani si siano offesi, perché ci tengo molto alla pace religiosa. Mi rispose che era molto contento che un sacerdote cattolico non aveva preso la difesa del papa ad oltranza, ma che aveva valutato quell’intervento anche pensando ai musulmani. Poi mi fece un lungo discorso per dirmi che lui aveva studiato in Francia, lì aveva conosciuto il cristianesimo e che riteneva importante che le due religioni, islamica e cristiana, si incontrassero nella radice comune, lo stesso Dio e lo stesso padre della fede: Abramo. Terminò manifestandomi tanto rispetto per Gesù Cristo e per sua Madre Maria l’unica donna lodata nel Corano, tanto che quel musulmano lo sentii ancora più fratello nella stessa fede monoteistica. Gli risposi che, purtroppo, io non conoscevo Maometto come lui conosceva Gesù e che mi piacerebbe, un giorno, andare alla Mecca. Allora lo vidi illuminarsi quasi avesse convertito all’islamismo un sacerdote cattolico. Personalmente credo solo di aver imitato San Francesco d’Assisi che incontrò fraternamente il sultano.

domenica, ottobre 15, 2006

 

Pensieri liberi

Etic(hett)a da "il c@ffè", 15 ottobre 2006

Che cosa vi è di più libero del pensiero? Nessuno può imbrigliarlo, nemmeno il pensatore. Quante volte abbiamo fatto l’esperienza di iniziare un pensiero e poi, senza accorgersene, passare ad altro, e poi ad altro ancora, così da arrivare a chiederci: perché sto pensando a questa cosa?
Il pensiero è libero come l’aria ad una condizione: che non sia incastonato da preconcetti, perciò da altri pensieri eretti a muro invalicabile proprio per inquadrare i concetti (pensieri) dentro piste obbligate. E fra i molti preconcetti vi è anche l’anticlericalismo, quello che contraddistingue “l’Associazione dei liberi pensatori ticinesi”.
Questa associazione, ogni volta che la religione si fa viva, riceve o chiede un riconoscimento, manifesta il proprio pensiero; ma è veramente libero come esigerebbe il suo nome? Per i suoi “liberissimi” addetti, qualsiasi religione (specie la cattolica) dovrebbe, essere privata, individuale, come abbiamo scritto la scorsa settimana, perciò questi hanno reclamato contro le autorità cantonali ree di aver riconosciuto alle parrocchie un certo diritto di esenzione fiscale per lasciti a loro favore. Questi signori - che di parrocchie credo ne sappiano poco - non riconoscono che le stesse offrono attività culturali, sociali (volontariato), che impegnano giovani ed anziani, organizzano corsi di formazione ed istruzione per adolescenti e genitori. E dimenticano che in certi piccoli paesi le feste parrocchiali sono le uniche forze di aggregazione, che iniziano si, con funzioni religiose, ma poi continuano con manifestazioni di altro tipo. Inoltre le parrocchie salvaguardano molti beni artistici, sono promotrici di avvenimenti musicali e, in un paese senza sale da concerto, prestano le loro chiese a queste attività. Soprattutto sono vere agenzie di spiritualità, antidoto al materialismo imperante e soffocante che crea tanti disastri soprattutto nella gioventù. Liberi di pensare e dire cosa vogliono i “Liberi pensatori”, liberi anche di ragionare coi para-orecchi dei preconcetti e di vedere le cose con gli occhiali affumicati dall’ateismo e anticlericalismo. Mi rincresce che, se così stanno le cose, il nome della loro associazione non è il più appropriato.

domenica, ottobre 08, 2006

 

Pubblicità

Etic(hett)a da "il c@ffè", 8 ottobre 2006

Mi è stato chiesto da parecchie persone che cosa ne penso di quegli affissi pubblicitari che si sono visti sulle nostre strade con grandi frasi bibliche. La mia prima risposta è che quel modo di divulgare la “Parola di Dio” non risponde al mio stile. La seconda è che avrei preferito delle frasi che tutti potessero accettare, per esempio: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Disse Gesù ai suoi discepoli” e non frasi che presuppongono la fede, quale ad esempio: “In Gesù Cristo ci sono tutti i tesori della scienza e della sapienza”, parole oltretutto di difficile comprensione per chi non è teologo. Ma ci sono due aspetti che questi cartelloni hanno indirettamente evidenziato: primo, il fatto che la religione più la si vuole privatizzare e più emerge nel sociale. Per sua natura il fattore religioso non è un dato privato, ma sociale e, in quanto tale, deve avere il suo posto al sole. Se correnti filosofiche o politiche glielo negano, questo dato emerge da solo perché la visibilità fa parte della sua essenza. La religione è un po’ come la cultura, infatti quanti rapporti esistono fra religione e cultura, nel campo letterario, artistico, musicale! Non può esserci una cultura privata, ci sarà la persona personalmente colta, come c’è l’individuo personalmente religioso, ma religione e cultura sono beni che per loro natura domandano visibilità, socialità nonché delle comunità che le coltivano. Ecco perché questi cartelli, in modo certamente discutibile, sono una risposta a tutti coloro che vogliono rilegare la dimensione religiosa dell’uomo entro la sfera privata.
Il secondo aspetto che emerge da questi affissi è quello che mi permetto di paragonare ad un bicchiere di acqua fresca nella calura estiva. Infatti fra una cartellonistica che propone cose comunistiche e donnine nude (emblema del consumismo), le frasi bibliche, che propongono pensieri spirituali, hanno una loro funzione. La Bibbia è sempre una fonte di acqua viva, come si è definito il suo maggior personaggio del Nuovo Testamento: Gesù di Nazaret.

domenica, ottobre 01, 2006

 

Essere o non essere

Etic(hett)a da "il c@ffè", 1 ottobre 2006

Avete capito! Adesso metteremo in carcere i ragazzi extra-comunitari quindicenni che sono scappati dai loro Paesi con il terrore delle guerre e degli stupri negli occhi. Manderemo a casa i perseguitati che sotto le bombe non hanno trovato il loro passaporto. Mentre stenderemo il tappeto rosso agli operai specializzati che aumenteranno la nostra ricchezza. Tutti gli extra-comunitari saranno giudicati possibili imbroglioni. Si radicherà il sospetto che ogni straniero senza documenti è venuto da noi per commettere reati.
Queste sono le idee del 70% dei votanti di domenica scorsa!
Questo è il credo, poco evangelico, dei cristiani svizzeri che si comportano in modo ancora peggiore di quello già denunciato dall’autore della lettera di Giacomo: “Facciamo un esempio: un uomo ricco viene a una delle vostre riunioni, con anelli d’oro e abiti di lusso;e alla stessa riunione viene anche uno che è povero e vestito male. Voi vi mostrate pieni di premure per quello che è vestito bene e dite: Siediti qui, al posto d’onore. Al povero, invece dite: Tu rimani in piedi, oppure siedi in terra, qui, accanto al mio sgabello. Se vi comporterete così, non è forse chiaro che fate delle differenze tra l’uno e l’altro e che ormai giudicate con criteri malvagi?”.
Gli svizzeri i ricchi stranieri che portano soldi anche sporchi (di mafia) li accolgono, i poveri li respingono. Cristo si è fermato a Lampedusa. C’è d’aver vergogna di essere svizzeri, fratelli di Christoph Blocher. Io voglio essere svizzero ma fratello di Jean Henri Dunant e di Enrico Pestalozzi. E le Chiese cristiane, la Cattolica in prima fila, facciano un esame di coscienza, non hanno forse fallito nella loro missione di evangelizzare?
Non si tratta di non rimproverare i “disobbedienti” come ha detto il vescovo Grampa nell’intervista di martedì scorso a”la Regione Ticino”, ma di prendere atto che la maggioranza dei cattolici ticinesi non assume il vangelo come codice di vita perché fa esattamente il contrario di quanto dice Cristo: “Ero forestiero, perseguitato e mi avete accolto, difeso”.

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