martedì, giugno 27, 2006

 

Santi Pietro e Paolo

Pietro/a fondamentale... o di inciampo?...

Il giorno 29 giugno la Chiesa celebra la festa dei santi Pietro e Paolo, il giorno 30 la stessa Chiesa commemora ancora S. Paolo.
Perché due giorni dedicati all'apostolo Paolo, mentre per Pietro, un po' pomposamente chiamato il "Principe degli Apostoli", è riservato un giorno solo?...

Senza addentrarci in complicate spiegazioni storico liturgiche, possiamo supporre che si dedichi una seconda festa a Paolo perché il 29 è riservato soprattutto a Pietro.
Comunque oggi vorrei "pensare" esclusivamente a questo "capo" degli apostoli cogliendolo in due momenti della sua vita, in due colloqui con il Suo Maestro; momenti tanto diversi quanto ravvicinati, colloqui tanto importanti quanto antitetici...

Narra il vangelo di Matteo che Gesù, trovandosi fuori dalla Palestina dalle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli:
''Chi è il figlio dell'uomo secondo la gente?''...
Risposero: ''alcuni dicono che è Giovanni Battista; altri che è il profeta Elia, altri ancora che è Geremia o uno degli antichi profeti''.
Gesù rispose: ''E voi che dite?... Chi sono io''?...
Simon Pietro rispose:
''Tu sei il Messia, il Cristo, il Figlio del Dio vivente''.

Allora Gesù gli disse:
''Beato le, Simone, figlio di Giona,
perché non hai scoperto questa verità con forze umane,
ma essa ti è stata rilevata dal Padre mio che è in cielo.
Per questo lo dico
che tu sei Pietro (sasso)
e su di te, come su una pietra (sasso)
io costruirò la mia Chiesa''.

Poi Gesù ordinò ai suoi discepoli di non dire a nessuno che egli era il Messia.
Ma da quel momento cominciò a spiegare ciò che gli doveva capitare. Diceva: "Io devo andare a Gerusalemme. E'necessario; gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e i maestri della legge mi faranno soffrire molto, poi sarò ucciso, ma il terzo giorno risusciterò".
Allora Pietro prese da parte Gesù e si mise a rimproverarlo:
"Dio non voglia, Signore! No, questo non ti accadrà mai!"

Gesù si voltò verso Pietro e disse:
''Va' via, lontano da me, Satana!...
Tu sei per me pietra (sasso) d'inciampo,
perché tu ragioni come gli uomini,
ma non pensi come Dio''.

Ho voluto riportare queste citazioni per confermare quanto detto prima: ecco due momenti della vita di Pietro, due colloqui con Cristo, ma diversi, antitetici. Ebbene - come avrete notato - in tutti e due questi brani Simone viene chiamato pietra (sasso); la prima volta, pietra fondamentale, la seconda pietra di inciampo, etimologicamente di "scandalo", parola che sta appunto a significare quel sasso che - posto in mezzo alla strada - ostacola la tua meta.
La festa di S. Pietro, per noi cattolici, ci riporta anche al successore dello stesso santo, il vescovo di Roma detto anche Papa o Sommo Pontefice.
Credo di non mancare di rispetto se affermo che anche oggi il Papa per taluni è pietra fondamentale, per altri è pietra d'ostacolo.
Sarà pietra fondamentale per chi riconosce in lui, non tanto il "Santo Padre", o il "Vicario di Cristo", ma il "servo dei servi di Dio" come si è definito uno dei più grandi papi della storia, papa Gregorio. E' pietra d'ostacolo per chi vede nel Papa, nelle sue prerogative, nel dogma della sua infallibilità, in certi modi di gestire il potere ecclesiastico da parte della sua curia, un freno, anzi una barriera insormontabile all'unità dei cristiani.
C'è da augurarsi che i Papi dei tempi futuri siano riconosciuti fondamento dell'unità dell'unica Chiesa di Cristo proprio perché servitori di "tutti" i servi di Dio; ma per vedere realizzata questa speranza penso che ci sia ancora da compiere parecchia strada... d'attendere parecchio tempo!...

domenica, giugno 25, 2006

 

Chiese del Ticino

Etic(hett)a da "il c@ffè", 25 giugno 2006

Oggi a Mogno in val Lavizzara si celebrano i venti anni della valanga caduta il 25 giugno 1986, e i dieci anni del termine dei lavori di ricostruzione e della consacrazione della Chiesetta progettata da Mario Botta, e consacrata il 23 giugno 1996 dal vescovo Giuseppe Torti.
Quando sentii che l’amico Botta progettava una chiesa a Mogno mi sono chiesto: “Perché costruire una cattedrale nel deserto?”. E per cattedrale non intendevo una sede vescovile o una cattedra di teologia, ma una chiesa di dimensioni anche modeste sebbene di una eloquenza architettonica straordinaria, come Mario Botta prometteva di fare. La chiesa è stata costruita, e Mogno divenne occasione di parecchi mugugni da parte di molti ticinesi, che come me, in un primo tempo, vedevano inopportuna una chiesa bella, e artistica in fondo ad una valle.
La mia però non era una opposizione di principio, era semplicemente un interrogativo aperto che ha avuto al sua risposta quando, dopo alcuni mesi dalla consacrazione, andai con un gruppo di miei parrocchiani e ne fui così entusiasta che, con lo stesso gruppo, vedemmo quasi tutte le altre chiese costruite da Mario Botta. Il mio entusiasmo non era generato soltanto dalla linea architettonica, ma dal profondo significato che questo segno lascia sul territorio vallerano di una delle più discoste regioni del Cantone Ticino. Che nelle nostre città vi siano dei templi molto belli e significativi, pensiamo alla Cattedrale di Lugano, alla Collegiata di Bellinzona, alla Chiesa di San Vittore a Muralto, per citare le chiese delle tre principali città, è cosa ovvia. Perché questi templi sono sorti non soltanto per funzioni religiose, ma per testimoniare la ricchezza e l’operosità dei nostri borghi.
Fortunatamente nel Ticino ci sono dei segni religiosi e piccole chiese e cappelle anche in luoghi più disparati. Per citarne alcune ricordiamo Negrentino in Val di Blenio, Sant'Ambrogio a Chironico in val Leventina, San Bernardo a Montecarasso, nel Bellinzonese. Sono questi segni nascosti che hanno una eloquenza straordinaria perché dicono come le nostre popolazioni, anche di valle e di campagna, hanno visto nella loro religione un’occasione per esprimere il senso architettonico e pittorico artistico. Questa religione che sa essere ispiratrice di simili monumenti è un tesoro che ha disseminato nel nostro territorio altri tesori - tante artistiche chiesette - che meritano quel rispetto e quella considerazione di cui gode la chiesa di Mogno.

domenica, giugno 18, 2006

 

Più luce

Etic(hett)a da "il c@ffè", 18 giugno 2006

Qualche settimana fa è stata tenuto un seminario molto interessante sul problema dell’abuso sessuale dei minori. Organizzato dall’Aspi e da Demetra, sostenuto dalla Lav (Commissione permanente di coordinamento per la legge concernente l’aiuto delle vittime dei reati), ha avuto un successo di partecipazione insperato. Oltre 200 partecipanti, poi il numero è stato chiuso per impossibilità del Centro Spazio Aperto di contenere tutti coloro che desideravano iscriversi. Parecchie relazioni interdisciplinari, tutte interessanti, soprattutto quelle dell’invitata d’eccezione la canadese Dott. Marcellina Mion.
Mi sono chiesto: perché così forte interesse?
Il problema esiste, i casi non restano più nascosti, i bambini parlano. Ma la società come risponde?
Con forze specializzate insufficienti, specialmente per i primi interventi. Le richieste al governo per aumentare queste forze cadono nel vuoto. La ragione finanziaria che porta al blocco del personale è sempre presentata come ostacolo insormontabile. Ma qui si tratta di vittime, di bambini e adolescenti che devono essere aiutati a superare traumi che possono condizionare per tutta la vita il loro sviluppo psicologico e la loro vita sessuale.
Dobbiamo dedurre che le autorità non hanno capito l’urgenza del problema come lo avvertono i docenti, gli operatori sociali, la stessa polizia i rappresentanti dei quali affollavano la sala per un’ intera giornata?
Si attende che i bambini e adolescenti non sufficientemente protetti e ascoltati arrivino a qualche atto inconsulto?
Offrire la necessaria attenzione al loro grido è, anche questo, un prevenire il suicidio.

giovedì, giugno 15, 2006

 

Festa del Corpus Domini

Pensiero del dì di festa

Giovanni 6,51-58

Un pane "duro"

La festa del Corpus Domini è una festa difficile!...
Parla di pane e di vino che diventano il corpo e il sangue di Cristo.
E già al primo annuncio - fatto da Gesù stesso - l'annunciatore incontrò la contestazione dei suoi ascoltatori. Infatti dopo aver detto:

''Il sono il pane vivo
disceso dal cielo.
vivrà in eterno,
e il pane che io darò
è la mia carne
per la vita del mondo''...

I giudei si misero a discutere tra loro dicendo: ''Come potrà costui darci la sua carne da mangiare? ... ''. Ma Gesù rispose:

''In verità, in verità vi dico:
Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo
e non berrete il suo sangue,
non avrete in voi la vita.

Chi mangia la mia carne
e beve il mio sangue
ha la vita eterna
ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo,
il mio sangue è vera bevanda.

Chi mangia la mia carne
e beve il mio sangue
dimora in me ed io in lui''.

Discorso duro, lo definirono i giudei, e buona parte di loro abbandonarono quel Maestro che insegnava del cannibalismo.
Discorso duro, lo definiscono anche oggi molti cristiani, che forse da tempo hanno abbandonato questo Maestro difficile ed esigente.

Ma cerchiamo di ricordare che in tutte le religioni ci sono dei banchetti sacri, e che molte divinità hanno detto di voler entrare in contatto con i loro credenti mediante cibi e bevande particolari.
L'Eucarestia è dunque un sacramento, cioè un segno-sacro che ci garantisce la presenza di Cristo nel pane e nel vino, presenza certamente non fisica, non soltanto allegorica, ma come vuole la teologia cattolica, presenza sacramentale.

Per i miei lettori che hanno difficoltà - e fra questi mi metto anch'io, perché davanti al mistero le difficoltà razionali non possono mancare - forse serve questa bella poesia di Ruysbroeck l'Ammirabile, conservata nella sua opera I sette scalini dell'amore spirituale.
Questo autore così prega:

''Signore,
tu sei per me cibo e bevanda:
più mangio e più ho fame,
più bevo e più ho sete,
più possiedo e più desidero.

Sei più dolce al mio palato
di un favo di miele,
più di qualsiasi dolcezza
che sia possibile misurare.
Sempre rimarranno in me
La fame e il desiderio,
perché sei inesauribile.

Sei tu che mi divori, o sono io?
Non lo so...
Perché nel profondo della mia anima
sento l'una e l'altra cosa.

Tu esigi che io sia una cosa sola con te,
e questo per me è molto difficile,
perché non voglio abbandonare
le mie pratiche
per addormentarmi fra le tue braccia.

Non posso che ringraziarti,
lodarti e renderti onore:
per me questa è la vita eterna.
Trovo dentro di me una certa impazienza
e non so cosa sia.

Se potessi raggiungere l'unità con Dio
senza lasciare le mie opere,
smetterei subito di lamentarmi.

Dio sa ciò di cui abbiamo bisogno:
faccia di me quello che vuole!...
Mi rimetto interamente nelle sue mani,
e così attraverserò con coraggio
ogni sofferenza''.

Qualcuno dei miei lettori dirà: ma questi sono voli pindarici di natura mistica!...
Torniamo alla "mistica", se non vogliamo morire ingozzati solo da ciò che si "mastica".
Torniamo al pane dello spirito, se non vogliamo essere uccisi dalle grandi abbuffate del corpo!...
Torniamo ad alimentare anche il nostro uomo-spirituale, se non vogliamo ingrassare solo l'uomo-corporale!...

domenica, giugno 11, 2006

 

Più luce

Etic(hett)a da "il c@ffè", 11 giugno 2006

Penso che a nessuno sia passato inosservato il fatto che nelle scorse settimane nel Ticino ci sia stata un impennata di suicidi, soprattutto fra i giovani. Prima di chiederci quali possono essere le cause vorrei fare la constatazione seguente.
Parlando con dei giovani che conoscevano un suicida perché loro compagno, invece di sentire parole di rincrescimento e leggere sui loro volti segni di lutto, mi sono sentito dire con freddezza: “Ormai fra noi giovani è una moda”. Spero che questa frase sia una difesa - sebbene maldestra - di sentimenti totalmente diversi.
In merito alle cause so benissimo che è difficile scoprirle. Ci sono studi approfonditi, una letteratura specialistica in merito. Ma alcune considerazioni si possono fare. I suicidi sono più frequenti là dove la vita è più comoda, dove economicamente manca nulla, dove sono scaduti i valori, primo fra tutti quello della vita stessa. Ovvio, mi direte! Ma non si può minare la vita per motivi futili (chiedere di abortire solo perché si hanno già due figli e quello in arrivo non era programmato) e poi pretendere che ci sia stima della vita stessa. Non si può propagandare l’eutanasia diretta (un modo di auto-determinare l’ora della propria morte) e poi pretendere che i giovani imparino dagli anziani l’amore per la vita. E non parliamo di ciò che si vede nei film, in certi canali televisivi non nostri.
Una piccola ma preziosa ricetta per arginare questa “moda giovanile”; bisogna innanzitutto offrire ai giovani, persone, tempo, spazio per lasciarli discutere sui loro problemi, sulle loro crisi. È quello che, quest’anno, con tre gruppi giovanili, aiutato da generosi animatori volontari abbiamo cercato di fare a Spazio Aperto, ritrovandoci una volta al mese a mangiare la pizza insieme e parlare dei loro problemi, aiutandoli a credere nella vita. È poco, ma è già qualche cosa per combattere quella cultura di morte che ci circonda. Comunque ritengo che la società, e tutte le istituzioni, devono moltiplicare gli sforzi di prevenzione; l’allarme è alto, la necessità urgente! È indispensabile, uniamoci per trovare modi e maniere più adatti.

giovedì, giugno 08, 2006

 

Festa della Santissima Trinità

Matteo 28,16-20
Un solo Dio, ma non solitario!....


Trinità! ... Chi è costei?...
E' un "mistero", e con questa parola i teologi pensano di rispondere a questo interrogativo "misterioso". Ma noi non ci accontentiamo, vogliamo - se non capire - almeno intuire!...

Prima di tutto - giustamente - si osserva che il mistero della SS. Trinità è relativamente recente, in quanto non se ne parla nell'Antico Testamento.
Sì, è inutile cercare una rivelazione precisa della Trinità prima della venuta di Cristo.
Il monoteismo rigoroso del popolo ebraico rende impossibile qualsiasi scoperta in questo senso. Tuttavia, proclamando l'esistenza di un unico Dio, Israele non ha mai pensato a un Dio solo o solitario; fin dai tempi più antichi l'ha sempre percepito come un Dio in dialogo col mondo e col popolo in cui era presente per mezzo della sua alleanza.

Partendo dalla persona di Gesù risorto, il Nuovo Testamento ha intuito il mistero della vita intima di Dio, la Sua unità e la Sua trinità.
Gesù un giorno disse: "lo e il Padre siamo una cosa sola", e in altra occasione ha promesso quello spirito che dal Padre procede. Riflettendo su queste parole la Chiesa primitiva ha compreso che Dio, resuscitando Gesù e innalzandolo alla Sua destra, lo ha stabilito al di sopra di ogni creatura, e ha riconosciuto lo stretto legame che unisce Gesù a Colui che dà vita ai morti, cioè la Sua eguaglianza con Dio.
In altre parole, subito dopo la risurrezione, la Chiesa ha compreso che la vita e l'opera di Gesù sono - in definitiva - l'opera e la vita del Padre e dello Spirito, opera e vita divine.
Perciò sulle orme degli apostoli ancora oggi i cristiani continuano a radunarsi per prendere coscienza di ciò che sono realmente; una Chiesa nata dalla Trinità, che insegna agli uomini che tutti sono figli di Dio e devono comportarsi come tali.

Ed io aggiungo non soltanto chi si fregia del nome cristiano, ma qualsiasi uomo deve ritenersi figlio di Dio, perché qualsiasi uomo è invitato a vedere nel Padre il suo Creatore, nel Figlio (Gesù Cristo) un fratello che l'ha redento dal male e dal peccato, e nello Spirito Santo Colui che l'anima e lo santifica.

Ma avere una visione così larga dalla propria vocazione spirituale -voi mi direte - presuppone la fede. E' vero, l'uomo deve credere in qualche cosa e non penso che abbia molte alternative: o crede in un Dio che si manifesta in tre persone, Creatore, Salvatore, ed Amore, o arrischia di credere di essere lui l'unico dio, creatore e salvatore di se stesso, egocentrato nel più sfacciato amor proprio.
Ma se l'uomo si autodivinizza stia attento a non arrivare, nella sua più alta superbia, a distruggere il creato, ad uccidere il fratello e ad odiare tutto quello che non rientra nel proprio interesse.
L'autodivinizzazione è il grande peccato dell'uomo, è la tentazione di sempre, un pericolo dalle origini, chiamato perciò "peccato originale".
Per vincere questa tentazione è indispensabile la fede!... Ma fede in chi?... In che cosa?...

Fratelli, - e scusatemi se chiamo così tutti i miei lettori - dobbiamo sforzarci tutti di aver fede in un Dio che è Padre e perché tale, crea, cioè mette a disposizione dei suoi figli un mondo (nel senso etimologico della parola) cioè un universo pulito e ordinato.
E quale risposta riconoscente per questo immenso e prezioso dono, l'uomo - figlio di questo Padre - deve credere nel mondo e nella necessità e possibilità di custodirlo e di conservarlo.

Dobbiamo credere in un Dio Salvatore e Liberatore, dono di questo Padre che ha "tanto amato il mondo da inviarci il suo unigenito Figlio".
E quale risposta riconoscente per questo immenso e prezioso dono, l'uomo - fratello di questo Figlio deve credere nella Sua opera di salvezza.
Dobbiamo infine credere in un Dio-Amore, Spirito effuso nei nostri cuori, per mezzo del quale possiamo gridare - come dice Paolo - "Abba, Padre".

E quale risposta riconoscente per questo immenso e prezioso dono, l'uomo, depositario di questo Spirito, deve vivere secondo le Sue ispirazioni, mettendo in pratica il primo e massimo comandamento - ed il secondo che è simile al primo riassumibile ambedue in una parola, in un nome che è lo stesso che ha questo Spirito: "Amore".

Ecco il programma di vita che vince la tentazione dell'autodivinizzazione, professare già con le azioni che con le parole la propria fede in un Dio unico e trino, solo e non solitario.
Chissà se questo programma non possa suscitare l'interesse anche dei miei amici che, pur non andando a Messa, sono stati battezzati nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo?...

domenica, giugno 04, 2006

 

Per incontrarsi

Etic(hett)a da "il c@ffè" del 4 giugno 2006

Per la Chiesa cattolica la Pentecoste è il giorno dello Spirito e dei suoi doni. Fra questi doni vi è la sapienza, la scienza, il consiglio, ecc. Ma io vorrei accennare ad un altro dono del quale la Chiesa ed il mondo hanno immenso bisogno, la capacità di dialogare. In queste ultime settimane sembra che questo dono sia stato concesso alla Chiesa e alla scienza, mi riferisco al dialogo fra il cardinale Carlo Maria Martini e lo scienziato Ignazio Marino sui problemi di bioetica.
Non posso addentrarmi nel contesto di questo dialogo già ampiamente riportato dai mezzi di comunicazione, ma vorrei sottolineare l’importanza dello stesso, dato che uno dei dialoganti è un cardinale, conosciuto e stimato per la sua scienza, specie biblica, e stimato per la sua apertura ai non credenti.
A riguardo, riporto ciò che scrisse lo stesso Ignazio Marino, professore di chirurgia, parlando della sua esperienza in merito a questo scambio di idee con Martini:
"Sono convinto che solo passando attraverso il dialogo si possa arrivare a individuare dei percorsi condivisi che non siano semplici compromessi tra due parti contrapposte, ma vere e proprie proposte per trovare soluzioni a problemi che riguardano la vita di ogni essere umano, qualunque siano le sue convinzioni politiche, religiose, ideologiche. Ma un dialogo che affronti temi come l’eutanasia, il testamento biologico, l’interruzione di gravidanza o la procreazione assistita non può accontentarsi di distinguere le posizioni in credenti e non credenti.
La vera contrapposizione, quella che conduce all’impossibilità di dialogare si ha solo tra pensanti e non pensanti, tra chi non accetta il dialogo, non lo affronta nemmeno e si arrocca su posizioni di supposta superiorità e di certezze rese in realtà molto deboli dall’incapacità e dalla non volontà di confrontarsi sulle idee, sui principi e sulle evidenze che la scienza mette oggi a disposizione degli uomini".

Condivido totalmente questo apprezzamento sull’importanza del dialogo, con l’augurio che questo dono dello Spirito animi la vita della Chiesa e della politica. Di dialogo ne abbiamo tutti bisogno.
Dato che parecchi lettori mi telefonano e scrivono, ho pensato di aprire un blog (www.pcallisto.blogspot.com) dove si possono eventualmente rileggere le etic(hett)e già pubblicate e inserire proprie osservazioni.

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