domenica, novembre 25, 2007

 

Disintegrazione

Qualche giorno fa un quotidiano titolava: “I mussulmani non si sentono i benvenuti”. Conosco dei mussulmani molto ben integrati nel nostro pese e non credo che questi non si sentano i benvenuti. Ma posso capire che altri lo siano, soprattutto quelli che fanno fatica ad accettare la nostra cultura. L’integrazione ha delle esigenze che coinvolgono tutte e due le parti: gli ospitanti e gli ospitati. Se certi svizzeri (un consigliere federale ed i suoi accoliti compresi) non vedono di buon occhio (per usare un eufemismo) tutti gli stranieri, specie quelli che ostentano modi di essere e di vivere diversi dai nostri, ci sono anche stranieri che sembrano fare di tutto per snobbare il paese che lo ospita; non per nulla ho parlato di “ostentazione”. Qualche tempo fa discutendo con un alto responsabile delle scuole cantonali, mi diceva delle richieste di dispense dalla ginnastica e dagli esami di maturità che possono svolgersi anche al sabato da parte di allievi di due religioni diverse. È chiaro che queste dispense, richieste anche con insistenza, non dimostrano una volontà integrativa in quell’ambito scolastico che dovrebbe costituire una comunità unita.
Ma lo stesso quotidiano segnalava il dramma delle nozze forzate che persone di altri paesi - oggi residenti fra noi - impongono alle proprie figlie. A due passi della mia chiesa (per questo motivo) qualche anno fa c’è stata una tragedia che parecchi lettori ricorderanno. In questo senso la nuova legge sugli stranieri, criticabilissima per certi versi, è utile quando prevede misure più efficaci contro questo malvezzo, ma forse va perfezionata e inasprita, in quanto la libertà di sposarsi è un sacrosanto diritto per ogni persona. Per la Chiesa cattolica un simile matrimonio è invalido, lo dovrebbe essere anche per lo Stato se si constata la mancanza di libertà.

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domenica, novembre 18, 2007

 

Primum, mens sana

Se c’è un detto che in questi giorni ha perso credibilità è proprio questo: “Mente sana in corpo sano”. Penso che tutti capiscano il perché. Dopo i fatti che riguardano gli scalmanati ultras del calcio italiano e dopo quelli che riguardano la squadra del Thun, chi ha ancora il coraggio di pronunciare quel detto? Evidentemente non dobbiamo generalizzare e subito condannare, dobbiamo attendere i risultati delle inchieste e che la giustizia faccia il suo corso. Ma dobbiamo riflettere e meditare.
Il detto “Mente sana in corpo sano” mantiene il suo valore se ossequiato in tutte e due le sue parti, cioè se all’allenamento del corpo per ottenere dei risultati sportivi, si accompagna l’approfondimento dell’etica per ottenere un comportamento morale. Se, invece, oltre agli allenamenti sportivi, anziché principi etici, girano folli guadagni economici, ecco che la “mente” non è più sana, ed anche il “corpo” arrischia di non godere di quella salute di cui dovrebbe, perché troppo proteso verso traguardi competitivi sempre più alti per procurarsi maggiori guadagni economici.
Da questo dovremmo dedurre che tutte le squadre sportive, oltre che allenare al proprio sport ed essere giustamente esigenti nel pretendere che lo stesso venga eseguito a regola d’arte, dovrebbero essere scuola di educazione e di etica, mantenendo una scala precisa di valori: prima quelli morali, poi quelli sportivi.
E le famiglie, tanto preoccupate per lo sviluppo fisico e l’educazione sportiva dei propri figli, lo sono altrettanto per l’educazione morale e religiosa degli stessi?
Molte sì, sono capaci di equilibrare. Troppe no, per lo sport tutto è permesso, per l’insegnamento etico tanto è trascurato. Ecco perché si stanno moltiplicando le iniziative di “Scuola per genitori” e di “Educazione sociale” per i figli.
Chi vuole saperne di più mi contatti (e-mail: bellinzona@cappuccini.ch).

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domenica, novembre 11, 2007

 

Sondaggi e risposte

Giorni fa un amico mi ha consegnato una pagina del quotidiano “La Stampa” (martedì 30 ottobre 2007) che merita attenzione. S’intitola “Dossier Fede” e riporta un sondaggio realizzato da Coesis Research per le Edizioni San Paolo. Tipo e oggetto del sondaggio - dice un riquadro - sono interviste telefoniche Cati per comprendere le abitudini degli italiani in vista del lancio di una nuova collana di testi di spiritualità cristiana. Sono stati intervistati 803 soggetti, campioni rappresentativi della popolazione italiana adulta (18+) residenti sul territorio nazionale, mediante estrazione casuale di nominativi da liste telefoniche. Data del sondaggio: 1-8 ottobre 2007. Risultati? Li leggiamo dai titoli in piena pagina: “Religione è aiutare gli altri” sottotitolo: “Sette italiani su dieci non hanno mai aperto il Vangelo, Madre Teresa la più letta”. Alla esposizione dei dati fatta da Giacomo Galeazzi segue un’analisi del sociologo Franco Garelli: “Un Paese di credenti allergici ai testi sacri. Anche chi va a Messa non conosce la dottrina”, che evidenzia le contraddizioni esistenti dietro il bisogno di spiritualità in Italia. Mi auguro che “Il Caffè”, sotto le feste di Natale, faccia lo stesso sondaggio per il Ticino; penso che arriverebbe agli stessi risultati che ora espongo, ma che in prossime Etic(hett)e vorrei meglio commentare.
Fra gli intervistati il 68% si dichiara credente e di questi il 17% anche praticante, il 10% non credente, il 4% non dichiara, solo 1% dice di avere un’altra religione.
Per la pratica : il 26% va a Messa tutte le domeniche (da noi penso che la percentuale sia più bassa), il 13% va due o tre volte al mese, il 12% una volta al mese, il 17% due o tre volte all’anno, il 12% meno frequentemente, il 17% mai, solo il 3% risponde “non so”. Se vogliamo dare la patente di “praticante” a chi va a messa almeno una volta al mese abbiamo una percentuale discreta del 51% (sommando chi va tutte le domeniche con chi va una, due, tre, volte al mese). Personalmente dico: non si è cristiani solo andando a messa la domenica, ma non si è cattolici non andandoci mai! E poi, se non vai a messa tu credente non sei dispensato dall’osservare il comandamento di Dio che dice: “Ricordati di santificare le feste”. Per oggi, su questa statistica fermiamoci qui, la riprenderemo per altri dati interessanti.

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domenica, novembre 04, 2007

 

Commemorazioni

In questi giorni mi sono aggirato per alcuni cimiteri per una doverosa e affettuosa visita alle tombe dei miei cari defunti. Non ho mancato però di osservare altre tombe, specie di morti recenti, tombe quasi invisibili fra enormi mazzi di fiori che rendono i nostri cimiteri delle grandiose serre. Ed ho notato una cosa che finora non avevo mai osservato: l’aumento delle tombe senza nessun segno religioso. Quando ero bambino ricordo che mia madre mi aveva fatto osservare qualche monumento funebre esistente nel cimitero di Bellinzona privo di una croce o di un qualsiasi altro richiamo cristiano. E alla mia domanda, perché di quell’assenza, mi aveva risposto senza nessun tono denigratorio, che quella famiglia non era credente. Oggi le tombe dei “non credenti” sono aumentate. Ne prendo atto quale frutto di una società, non solo secolarizzata, ma composta di membri con una diversa concezione della vita. C’è chi ritiene la vita come qualcosa di più vasto e di più importante che l’esistenza fisica e quindi ammette che continua in altre forme anche dopo la morte, e c’è chi ritiene che vita ed esistenza fisica combacino perfettamente. I due avranno un rapporto diverso con i morti; i primi li ritengono ancora vivi in Dio, i secondi tra-passati per sempre.
In una cosa tutti e due devono ritrovarsi; sulla riconoscenza che dobbiamo verso chi ci ha dato amore, educazione, aiuto, cioè vita.
E per passare all'estremo opposto constato che a tanti neonati vengono imposti nomi, non di santi, ma di cantanti e divi del cinema o dello sport. Ognuno ha la divinità che sceglie, eterna o fugace. La prima ha un nome pronunciabile, la seconda, spesso, un nome di difficile dizione.
C’è da sperare che chi lo porta un giorno non si vergogni del suo nome.

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