domenica, febbraio 27, 2011

 

Politica machiavellica

Recentemente sono stato alcuni giorni in Italia e ho sentito insistentemente parlare delle diatribe politiche di questo paese. Voci solitamente non positive sul governo attuale e questo mi rattrista perché mi sento eticamente, culturalmente ed anche religiosamente (come cattolico e francescano) molto italiano.
Non entro in merito ai fatti, non spetta al semplice cittadino giudicare, soprattutto se è nazionalmente uno straniero.
Riconosco la presunzione d'innocenza a chiunque prima di una condanna, ma non posso che rattristarmi nel sapere che alcuni parlamentari hanno la fedina penale sporca, nell'assistere - tramite televisione - ad interventi infarciti d'insulti, nell'osservare deputati che passano senza vergogna da un partito all'altro, nel vedere sedute semivuote quando vengono trattati temi costruttivi e sedute affollatissime quando devono venir votate leggi salva-premier. Il governo poi difende a spada tratta comportamenti che la magistratura ha già evocato a giudizio, mentre qualche suo membro ha osato dichiarare che altri membri, appartenenti a correnti opposte, dovrebbero essere citati a tribunali internazionali.
Tutto questo avviene in un paese meraviglioso, ma con un alto tasso di disoccupazione giovanile, con stipendi da fame per operai e docenti, con un debito pubblico catastrofico. Inoltre m'indigna il fatto che anche movimenti cattolici appoggino simile governo e che la metà dei praticanti (secondo recenti sondaggi) siano pronti a rivotarlo.
Ma perché guardo fuori dalla finestra?
Perché non vorrei che avvicinandosi le nostre elezioni si prenda esempio da quanto politicamente e partiticamente capita fuori dai nostri confini. Di cose e persone da imitare in Italia ce ne sono moltissime; pensiamo al volontariato sociale, all'impegno culturale, ma non scegliamo come modelli la mancanza di etica e di pudore di qualche governante della vicina Repubblica, e stiamo attenti al pericolo di far scadere la politica in polemica.

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domenica, febbraio 20, 2011

 

C'è politica e politica

Da tempo si infittiscono gli incontri e gli scontri politici in vista delle elezioni cantonali. Nel Ticino, per il momento, vi è una pace invidiabile tra partiti e chiese e non saranno le elezioni che la romperanno. Ma stando a quanto pubblicato sulla rivista "Voce evangelica" (n. 2, febbraio 2011) nella Svizzera interna "Sinistra e destra (sono) contro le chiese".
La sinistra sarebbe rappresentata dai giovani socialisti che dichiarano: "Le chiese possono essere un valido partner nella lotta contro il razzismo, nella politica sull'asilo e a favore della giustizia sociale, ma il fatto religioso deve restare privato e lo Stato non deve favorire nessuna confessione".
La destra sarebbe rappresentata all'Udc nazionale che afferma: "Le prese di posizioni unilaterali e ideologicamente di sinistra dei rappresentanti delle chiese sono un pericolo per la tradizione occidentale-cristiana". Inoltre, il presidente dell'Udc rincalza: "Noi siamo consapevoli della cura con cui le chiese si occupano dei loro membri. Si tratta di un contributo importante per la società. D'altronde - e proprio per non mettere in pericolo questo impegno - l'Udc è favorevole a una netta divisione tra chiesa e stato". Come si vede le critiche sono simili, ma le ragioni sono diverse.
Personalmente ho sempre ritenuto che bisogna distinguere tra politica e partitica. È costitutivo per le chiese il fare politica, intesa come azione in favore della polis (della città), non è compito delle chiese immischiarsi nella vita dei partiti. Ma con la stessa rivista evangelica riteniamo che quando si relegano le chiese al solo ambito privato, escludendole dalla sfera sociale e politica di uno stato, per Willy Spiller (teologo cattolico e membro del partito socialista) "è in gioco la libertà di predicazione"; è impossibile, afferma questo teologo, epurare il messaggio cristiano da ogni aspetto politico, perché la lotta per promuovere valori come la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato hanno spesso coinciso con il messaggio evangelico.

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domenica, febbraio 13, 2011

 

Vale, valete

In molti paesi già impazza il carnevale. Non ho nulla contro questo periodo di feste e divertimenti, basta che il tutto rimanga nel rispetto della propria ed altrui persona. Parafrasando il detto evangelico, potremmo dire: "Rispetterai il prossimo come te stesso". Ma prima te stesso. Ci sono persone che per carnevale si rovinano con l'alcool ed interminabili banchetti; nemmeno la preoccupazione della linea le trattiene: "Faremo dieta in Quaresima" dicono, ma di solito non mantengono il proposito. Ma il rispetto deve essere esteso anche (vorrei dire soprattutto) agli altri e qui entrano in gioco le manifestazioni di violenza, anche sessuale. All'insegna del detto popolare "A carnevale ogni scherzo vale", vi sono individui (non oso chiamarli persone) che si lasciano andare ad atti violenti e che abusano di quei giorni per manifestare, attraverso parole e gesti, la propria incapacità di controllo anche in quella sfera più intima che è la sessualità. Sembra che questi individui abbiano sposato le teorie esposte quindici giorni fa da un lettore/scrittore di queste pagine dove, oltre a frecciate contro la morale sessuale inculcata dalla Chiesa (sono il primo ad ammettere che è stata spesso troppo severa), ha esortato a fare ciò che si vuole anche in questo campo, usando i sensi con assoluta libertà; forse sarebbe bene adoperarli con responsabilità.
Alcuni miei lettori non sanno l'origine del carnevale; per alcuni significa la "carne vale", cioè è il tempo delle abbuffate di carne, ecco perché al nome dei giorni settimanali si aggiunge l'aggettivo "grasso" (ad esempio: giovedì grasso). Per altri significa "via la carne" in quanto precede la Quaresima tempo, una volta, "di magro e di digiuno".
Vi è anche chi si domanda perché nel nostro paese, in zone con il rito liturgico romano, il carnevale termina il martedì sera, mentre nelle zone con rito ambrosiano si prolunga fino al sabato sera. Per i "romani" la Quaresima termina la domenica delle Palme, per gli ambrosiani il mercoledì santo.

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domenica, febbraio 06, 2011

 

Armi e violenza

Domenica scorsa ho parlato di Gandhi, uomo di pace; chissà cosa avrebbe votato in occasione della prossima iniziativa "No alle armi" (per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi). Non ho dubbi, se penso che lo scopo è quello di combattere la violenza. Di solito non esprimo il mio voto, ma in questa occasione, come uomo, come cristiano e come francescano, dico che voterò "sì".
Come uomo sono contrario ad ogni violenza (ma non considero tale la difesa), perciò non approvo il fatto di tenere in casa gli strumenti per perpetrare violenza contro gli uomini e contro gli animali (caccia).
Considero la pace come un bene supremo e cerco di esortare a vivere ed operare per mantenere la pace.
Come uomo-svizzero: non credo che il mio "sì" sia contro i valori nazionali; povera Svizzera se deve riporre i suoi valori nelle armi e nelle sue tradizioni guerresche.
Come cristiano: credo alle beatitudini evangeliche, una delle quali proclama: "Beati i costruttori di pace". Cerco di essere fra coloro che gli angeli hanno salutato con l'annuncio natalizio: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".
Come francescano: il Santo d'Assisi chiese ai suoi frati di rinunciare alle armi per essere testimoni credibili di una predicazione di pace nelle città e nelle campagne umbre, in un tempo in cui anche i contadini uscivano armati per paura dei banditi che infestavano le campagne. Inoltre S. Francesco ha dato due grandi esempi quale operatore di pace: quando andò incontro al lupo di Gubbio armato di amore e di perdono e quando raggiunse in Oriente i crociati esortandoli a non combattere, anche se lo scopo di quella guerra era considerato - da tutta la cristianità - santo: la riconquista del sepolcro di Cristo. È lo spirito di questa iniziativa - oltre agli effetti preventivi - che mi interessa: promuovere la pace, privilegiare una convivenza senza armi palesi o nascoste nelle nostre case. Chi è contrario all'iniziativa mi sembra che questo spirito non lo coltivi.

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