domenica, settembre 24, 2006

 

Pacem in terris

Etic(hett)a da "il c@ffè", 24 settembre 2006

Il tema di quest’Etic(hett)a è quasi obbligato; le esternazioni di papa Benedetto XVI sui mussulmani. Penso che tutti siano d’accordo di ritenere la reazione sproporzionata alle parole dette. Possiamo anche ammettere che, in un momento come questo, quelle citazioni di un testo medievale che condanna la Guerra Santa, erano da evitare “pro bono pacis”. Ma credo che da alcune parole dedurre che il papa sia “nemico dei mussulmani, uno che spara contro le colombe della pace, un terrorista da eliminare” sia manifestazione di un fanatismo che spaventa. Quale sarà la radice in questo atteggiamento antipapale ed anticristiano in estremisti islamici? Sono radici antichissime radicate nei secoli; pensiamo alle guerre religiose combattute fra le due religioni ai tempi delle crociate, sotto le mura di Costantinopoli, fino alle mura di Vienna. Pensiamo alla colonizzazione. Alla creazione dello stato d’Israele col tentativo di cancellare da quella terra i palestinesi. Ultimamente però le difficoltà con l’Islam hanno un nome preciso: Iraq. Quell’invasione con scopi pretestuosi, ed invocando il nome del Dio cristiano, seguita da un fallimento strategico con un vero sconquasso prodotto in Medio Oriente e l’esplosione anti-occidentale, provoca in tutti i paesi mussulmani un impulso a quel terrorismo che si avrebbe voluto sconfiggere. Sono pienamente d’accordo con Eugenio Scalfari quando scrive: “La guerra irachena ha incendiato il mondo. Ha fatto della foruncolosi terrorista una lebbra pandemica; soprattutto ha inevitabilmente alterato l’essenza della democrazia occidentale introducendo nel suo tessuto elementi degenerativi gravissimi che rischiano di diventare permanenti e snaturanti”. Ora, dato che l’Occidente è cristiano, un suo attacco al Medio Oriente mussulmano è visto come guerra di religione.
Cosa fare per evitare questi scontri? Anche qui un nome preciso: dialogo. Conosco dei mussulmani non solo aperti, ma desiderosi di dialogo. Con alcuni di loro abbiamo anche pregato nella mia chiesa. Sono però certo che in tutto il mondo islamico la cultura del dialogo ha degli attentissimi ascoltatori desiderosi di praticarlo. Evidentemente dialogare è possibile se vi è rispetto reciproco, desiderio di valorizzazioni di tesori esistenti in ambedue le religioni, il tutto fondato sulla medesima fede monoteistica.

domenica, settembre 17, 2006

 

Caso di coscienza

Etic(hett)a da "il c@ffè",17 settembre 2006

Il prossimo fine settimana i cristiani svizzeri, militanti nei partiti borghesi potrebbero trovarsi di fronte ad un dilemma: votare secondo le scelte dei propri partiti, o secondo le indicazioni date dalle Chiese?
Risposta sicura: votino secondo coscienza.
Ma la coscienza deve essere formata o, se più vi piace, illuminata. Ed allora è indispensabile che si sappia bene cosa si vota, nel caso, il testo della legge proposta dal Parlamento o il referendum voluto dalle Chiese e (guarda caso) dalla sinistra. Il problema si pone - come ho già scritto - soprattutto per il Ppd svizzero che in questo caso si è trovato in perfetto disaccordo con le autorità ecclesiastiche Cattoliche. Si è fatto un incontro tra i vertici reciproci, ma fortunatamente i vescovi svizzeri hanno mantenuto le loro posizioni. Naturalmente si è detto - e si ripeterà - che la Chiesa fa politica, ma la Chiesa sarebbe quella che non s’interessa della "polis" (della cittadinanza), soprattutto di quella più debole e meno fortunata, spesso perseguitata (emigranti)?
Questo ritornello della Chiesa che non deve far politica lo si invoca secondo i propri principi ideologici. Quando detta Chiesa interviene a difendere i deboli, e non quando si applaude al capo dell’opposizione italiana che durante il suo governo ha fatto delle leggi "ad personam", e con le sue televisioni sta inabissando il senso etico dei suoi cittadini?
Quegli applausi, partiti da file cattoliche, non erano politici?
Ritornando alla prossima votazione vorrei ricordare che essere cristiani non significa fregiarsi di un distintivo, militare in un partito o movimento, ma fare propri i comportamenti altruistici di Gesù Cristo, portare avanti le sue scelte spirituali e umanitarie.

domenica, settembre 10, 2006

 

Non-violenza

Etic(hett)a da "il c@ffè",10 settembre 2006

Il caso dei baby-stupratori di Rhäzüns, l’aumento in Svizzera di casi di pedofilia, mi ha spinto a trattare in questa etic(hett)a una virtù fuori moda: la castità.
Questa estate ho avuto modo di leggere la biografia di Gandhi e ho scoperto una cosa, che di questo campione della non violenza, assolutamente non conoscevo. Gandhi a trent’anni, unitamente alla propria moglie, fece voto di castità nel matrimonio. Ecco che cosa scrive: “Quando io guardo indietro mi sento pieno di gioia e di meraviglia. La libertà e la gioia che mi riempirono dopo aver fatto il voto di castità, non l’avevo mai sperimentata prima del 1906 (data del suo voto solenne). Prima di fare il voto io ero in balia di ogni tentazione impura in ogni momento. Ora il voto diventò per me uno scudo sicuro contro la tentazione. La grande potenza della castità divenne in me sempre più palese. Ogni giorno che è passato, mi ha sempre fatto comprendere di più che la castità è una protezione del corpo, della mente e dell’anima. E praticare la castità non diventò il praticare un’ardua penitenza, fu invece una consolazione e una gioia. Ogni giorno mi svelava tutta la fresca bellezza. È stata per me una gioia sempre crescente”. Ed ecco come è nata nell’anima di Gandhi la decisione per la castità: “Io vidi con chiarezza di uno che aspira a servire gli altri in modo totale, non può far meno di fare il voto di castità. Mi diede la gioia, diventai libero e disponibile a ogni servizio per il prossimo”. Queste parole di Gandhi spiegano sufficientemente il problema del celibato, anche di quello ecclesiastico. Una delle grandi ragioni perché questo celibato esiste, (anche se dovrebbe essere volontario e non obbligatorio), è proprio la disponibilità verso gli altri. È vero che oggi parlare di castità si arrischia di diventare ridicoli, quando non si accusa chi ne parla di impotenza, ma se noi guardiamo con attenzione quello che sta capitando in un certo tipo di società, dove l’unico motore per esprimere la propria sessualità è il piacere ed il sopruso dell’altra persona, non dovremmo meravigliarci che un discorso sulla castità, inteso come regolamentazione della propria vita sessuale, dovrebbe ritenersi un discorso utile anche alla società di oggi. Anche nella vita cristiana si riscontrano casi simili, pensiamo per esempio al patrono della Svizzera San Nicolao della Flüe, che d’accordo con la moglie Dorotea fece questo voto. Evidentemente stiamo parlando di cose fuori dalla norma, ma rientrando nella quotidianità io penso che gli abusi nella vita sessuale che portano allo sfascio delle famiglie, alla violenza sui bambini, non possano far rientrare la stessa vita nella norma.

domenica, settembre 03, 2006

 

Votare Sì, votare No

Etic(hett)a da "il c@ffè", 3 settembre 2006

Qualche mese fa i cittadini italiani hanno rifiutato una riforma costituzionale che, oltre ad alcune norme al limite della legalità, ne conteneva altre anche accettabili. Il ragionamento della maggioranza di governo (Ulivo e accoliti) è stato questo: diciamo no a tutto, poi sediamoci a un tavolo e discutiamo con l’attuale minoranza (Casa delle Libertà) per vedere insieme quali sono i singoli punti che dobbiamo riformare.
Il popolo svizzero il 24 settembre sarà chiamato a pronunciarsi su una nuova legge relativa agli stranieri e su alcune modifiche circa il trattamento dei richiedenti d’asilo. In queste norme c’è qualcosa di buono, ma v’è tanto nazionalismo e razzismo, c’è tanto "fuori lo straniero" perché "la barca è piena", e "a casa nostra stiamo noi e comandiamo noi". Fra le cose che mi sento di approvare vi sono delle norme restrittive, come i matrimoni tra svizzeri e stranieri(e) appena giunti(e). Parecchie volte mi sono ritrovato di fronte a simili "matrimoni di convenienza", senza amore e senza impegno, solo per fare in modo di ottenere più facilmente un passaporto elvetico. E non parliamo di matrimoni con "artiste" che si fanno sposare da maturi svizzerotti per poter continuare ad esercitare di nascosto il più antico mestiere del mondo tra le mura domestiche. Ma non è possibile accettare una legge che per qualche norma opportuna arriva a violare convenzioni internazionali e i diritti delle persone. Per tutti coloro che hanno un senso di umanità questa legge è da rifiutare, anche se approvata in parlamento dai rappresentanti dei partiti borghesi: Udc (evidentemente!), Plr (anche se qualche liberale di mia conoscenza la contrasterà) e Ppd (in barba all'ispirazione cristiana); per carità, non sono uno di quelli che sostiene la dipendenza ideologica del Ppd dalle gerarchie ecclesiastiche, ma quando tutte le Chiese cristiane svizzere, per seri motivi umanitari, si dichiarano contro questa legge, diventarne paladini, mi sembra rinunciare alle proprie radici! Almeno lasciare la libertà di voto. No, bisogna ufficialmente aprire una campagna per il Sì, dichiarando che è una legge in linea con le tradizioni umanitarie della Svizzera. Bravo Ppd coerente col Vangelo!
Su questa legge segnalo un ottimo servizio della rivista "Dialoghi" dello scorso giugno (Anno 38), e mi unisco a questo foglio nel sostenere che bisogna dire un "No" alla paura e al razzismo.

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