domenica, maggio 30, 2010

 

Senza titolo

Anche quest’anno, per Pentecoste sono stato ad Assisi con un gruppo di coppie di cui ho benedetto il matrimonio lo scorso anno. Sono sempre giorni intensi e ben riusciti nello spirito francescano, specialmente il ritiro alle Carceri la mattina della domenica. Tutto bene, se non fosse per una scena di pessimo gusto alla quale abbiamo assistito. Vicino alla chiesa di Santa Chiara, nascosto in una nicchia, un giovane vestito da Gesù, con tanto di cuore rosso sul petto, fermava i passanti, li invitava a farsi fotografare con lui e a deporre dei soldi in un cestino. Gli ho manifestato il mio disappunto e per tutta risposta mi ha detto: “Non giudicare”. Un’ora dopo, passando nelle vicinanze, ho sentito due persone in un negozio che bisticciavano gridando e, fuori, un gruppo che ascoltava. Giravano parole grosse, come queste: “bestemmiatore, sacrilego” e per risposta “chi ti permette di giudicare”.
I protagonisti di questa discussione erano un negoziante e il nostro pseudo-Gesù. Mi sono fatto avanti con alcuni del nostro gruppo per rimanifestare pacatamente il nostro dissenso e siamo stati investiti, da parte di quel giovane, da una valanga d’improperi contro Dio, la Chiesa, i frati, le “bigotte” (che le mie sposine proprio non sono). Il finto Cristo si era trasformato in un autentico “anticristo”. Ho spiegato ai miei compagni di viaggio a cosa porta la religione quando viene usata come mezzo per procurarsi denaro e ho ricordato il detto evangelico: “Non potete servire a due padroni (a Dio e al denaro), o amerete l’uno e odierete l’altro”. Le giovani coppie hanno convenuto ed è stata una delle tante occasioni per ricordare loro che se una famiglia vuol vivere felice deve sviluppare quei principi evangelici così ben testimoniati da Francesco d’Assisi: povertà (= uso moderato e responsabile del denaro), ilarità (nelle difficoltà), pace e perdono.

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domenica, maggio 23, 2010

 

Segreto?

La settimana scorsa i mezzi di comunicazione - specialmente italiani - hanno dato parecchio risalto alla visita del papa a Fatima nell’anniversario della prima apparizione della Vergine ai tre pastorelli.
Per l’occasione si sono sbizzarriti nell'attualizzare il terzo segreto di Fatima che, fino all’altro giorno, veniva “svelato” come profezia dell’attentato contro Giovanni Paolo II ora viene - naturalmente – aggiornato con la persecuzione che gli anticlericali sferrano contro la Chiesa per il problema dei preti pedofili.
Su questo segreto si erano espressi eminenti cardinali, probabilmente possessori di qualche copia, fra questi: Sodano, Bertone della segreteria di Stato e lo stesso papa Ratzinger. Ora bisogna cambiare versione, o almeno interpretazione.
Ma chiediamoci: un segreto non dovrebbe essere “segreto”?
Se qualcuno l’ha letto e conosciuto che segreto è?
Che Maria abbia confidato dei segreti a tre fanciulli potrebbe anche essere, comunque se li ha detti si sarà adeguata alla loro mentalità e avrà raccomandato di non dirlo a nessuno. Invece!...
Nel vangelo si dice che Maria “meditava in cuor suo”, non confidava segreti da spargere a piene mani aumentando curiosità e confusione. La nostra fede deve fondarsi sulla Parola di Dio non su rivelazioni personali e private come lo stesso papa Benedetto XVI ha ribadito a Fatima.
Oggi da parte di molti cristiani vi è la tendenza di partecipare a manifestazioni di massa - per illuderci che siamo ancora in tanti – dove si ricordano avvenimenti misteriosi (apparizioni e miracoli) e si venerano santi prodigiosi. Gli effetti di simile formazione religiosa si toccano con mano, ignoranza sulle cose essenziali che si manifestano anche in espressioni come questa sentita nei giorni scorsi: “Maggio, mese dell’adorazione della Madonna”.

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domenica, maggio 16, 2010

 

La (prima) cena del Signore

Nell’area cattolica del nostro paese, il mese di maggio è il mese delle Prime Comunioni. Una volta la Prima Comunione era una grande festa del villaggio. Oggi, pur mantenendo un carattere festivo per chi la riceve, è diventata un vero problema.
Prima di tutto perché già a scuola molti bambini si confrontano: “ Io farò la Prima Comunione. No, io non la faccio. I miei genitori mi obbligano. I miei non vogliono che faccia la Prima Comunione e che vada in chiesa”.
In secondo luogo, per chi la fa, ci sono delle preparazioni molto diverse: alcune brevissime, altre poste su un biennio con degli incontri regolari e differenziati. Ho letto ultimamente un bel libretto edito dalla San Paolo dal titolo “La cena del Signore” nel quale un parroco scrive alle famiglie della sua parrocchia e divide il suo scritto tra famiglie che frequentano la chiesa, quelle che ci vanno saltuariamente ma sono credenti e quelle che non frequentano mai perché non credono o credono poco ma desiderano che i loro figli facciano ugualmente la Prima Comunione per non essere diversi dagli altri, o per far piacere ai nonni, o per non lasciar loro mancare una festa. Il discorso di questo parroco è molto articolato e lo trovo intelligente. Personalmente anch’io mi sono trovato di fronte al problema della Prima Comunione e ho cercato di risolverlo in questo modo: per non fare della Messa della Prima Comunione l’esibizione dei bambini sotto i flash dei fotografi invito tutti gli anni i ragazzini a ricevere per la prima volta l’Eucarestia la sera del Giovedì Santo senza nessuna cerimonia particolare, partecipano a quella Messa che è chiamata la Cena del Signore, così ricevono la Comunione in un’atmosfera molto raccolta. In seguito i bambini, nel mese di maggio, animano un’Eucarestia preparata da loro con l’aiuto dei catechisti e vengono festeggiati da tutta la Comunità; così c’è la semplicità e il raccoglimento e non manca la festa.

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domenica, maggio 09, 2010

 

Son tutte belle le mamme del mondo


Oggi è la festa della mamma. Auguri a tutte le mamme, da quelle che ci hanno dato la vita alla “madre terra con i suoi frutti, fiori coloriti e l’erba”.

Questa festa mi fa ritornare alla mente un fatto vissuto qualche settimana fa. Una domenica mattina, dopo la S. Messa principale quando la chiesa era già vuota, vidi una mamma seduta in un banco con un neonato in braccio. La notai già quando si accostò alla Comunione, ma nella chiesa ormai deserta la loro presenza spiccava di più. Mi avvicinai e vidi che la donna stava allattando il bambino; imbarazzata mi disse: “Ha fame”. Le risposi che meritava una foto perché, un gesto così umano in una chiesa, richiamava la figura di Maria che allatta Gesù, figura che un tempo era spesso dipinta nelle nostre chiese - vedi fra le altre l’effige di Morbio Inferiore - ma che ora non viene più ripetuta per dare posto a delle Madonne sole, angelicate, tanto lontane dall’attuale figura materna. Oltre alle “Madonne del latte” ci sono altri titoli che meritano la nostra devozione, per esempio la Madonna addolorata sotto la croce del Figlio scena che vediamo ripetere in tante madri accanto alla bara del loro figlio prematuramente scomparso. Specie a queste “mamme dolorose” oggi vada il nostro pensiero e il nostro augurio di forza e coraggio. Comunque oggi la figura della madre deve essere rivalutata, ricordando che non si è madri solo se si è genitrici ma, oltre al generare, la maternità si esplicita nell’educare, tant’è vero che sono autenticamente madri - e vanno oggi festeggiate - tutte le mamme adottive e tutte quelle donne che hanno allevato ed educato figli anche non propri.

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domenica, maggio 02, 2010

 

Imparare ad amarsi

Qualche tempo fa su un marciapiede di Milano ho letto una scritta a caratteri cubitali fatta con un gessetto colorato che diceva: “Lucia, questo è il posto più bello di Milano, perché qui ti ho dato il primo bacio. Tuo Marco”. Veramente in mezzo ai palazzoni, quello non è un posto che si può definire “bello”, ma per quei due ragazzi, penso due adolescenti, è stato il posto della loro prima effusione affettiva. Quando vedo questi giovanissimi che si baciano per la strada, non provo quel sentimento di noia e di fastidio che qualche persona manifesta dicendo: “Che vadano a casa se vogliono fare queste porcherie”. Chi parla così, o non è stato giovane, o non ha saputo vivere i momenti dell’affettività giovanile. Purtroppo però questi giovani, alle volte, confondono l’amore per l’altra persona con la capacità di amare se stessi. In fondo, dicono gli psicologi con ragione, molti giovanissimi senza accorgersi si innamorano di se stessi perché scoprono in sé la capacità di aprirsi verso una persona di altro sesso. Questo può essere il primo passo, l’incentivo, ma poi guai a fermarsi lì. Bisogna che l’amore si trasformi in una profonda amicizia, anche critica, che sia accompagnato da un dialogo profondo e che non venga subito consumato con gesti più impegnativi. Se questo amore si ferma lì, bloccato nel piacere sessuale, questi adolescenti arrischiano di non conoscersi e di rimanere estranei, magari per diversi anni e poi, dopo una lunga convivenza, già stanchi l’uno dell’altro, decidono di sposarsi con un matrimonio senza nessuna garanzia di continuità. I giovani hanno quindi bisogno di un’educazione all’affettività responsabile. Scrivo questo perché da fonte fede-degna (docenti) vengo a sapere che in qualche nostra scuola superiore si tengono lezioni troppo tecniche senza insistere sulla sessualità come espressione di affettività responsabile.

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