domenica, maggio 28, 2006

 

Per incontrarsi

Etic(hett)a da "il c@ffè" del 28 maggio 2006

Complice l’età, da uno che riteneva l’automobile un mezzo indispensabile (come l’87% degli svizzeri secondo una recente statistica) sono ritornato all’uso del treno. Prima di tutto lo trovo - per me che spesso viaggio solo - più economico, e con lo stipendio che ricevo (una cifra inferiore a ciò che prende una donna delle pulizie) non è un vantaggio da sottovalutare. Ma quello che più mi fa piacere sono i contatti umani che in treno si allacciano. Evidentemente sono avvantaggiato da una notorietà che mi proviene dai mezzi di comunicazione, comunque sono parecchie le persone che, sedute nello stesso scompartimento o in qualche posto accanto, allacciano discorso. Non si tratta di problemi personali, a meno che lo scompartimento sia vuoto, ma di domande su problemi etici e religiosi. E tante… tante critiche sulla Chiesa, generate dalla persuasione che Chiesa e gerarchia siano la stessa cosa. A mio modesto avviso la gerarchia cattolica dovrebbe preoccuparsi di più di queste critiche, e non ritenerle solo pregiudizi, superficialità, malignità. Ma la gerarchia ha occasione di sentire queste critiche?… Il fatto di essere frate mi avvantaggia, ma credo che sia importante un maggior contatto (extra-ecclesia) fra clero e laicato. Come in certi parlamenti c’è l’ora delle domande (che spesso sono delle critiche), dovrebbe esserci una simile ora anche nella Chiesa, a condizione che sia strutturata in modo tale da invogliare a partecipare anche coloro che non vanno in chiesa. Non si deve credere che chi critica, non ama.
Un modo molto profondo di amare la propria madre è anche quello di farle notare i suoi difetti.
Non posso chiudere questa Etic(hett)a sugli incontri in treno senza denunciare il grande nemico e negatore di questi incontri, strozzatore e ammutolitore di questi colloqui: il telefonino. Ci sono viaggiatori che hanno il coraggio di parlare per mezzo del telefono a molte persone e, per molto tempo, ignorando totalmente chi sta loro accanto e, forse, avrebbe piacere di scambiare qualche parola. Sulla dipendenza anche dai telefonini parlerà il dott. Tazio Carlevaro martedì prossimo alle ore 20.15 al Centro Spazio Aperto di Bellinzona.

sabato, maggio 27, 2006

 

Tu conosci Gesù Cristo?


Sto scrivendo una biografia di Gesù Cristo per giovani, dubbiosi, e non credenti.
Se qualcuno mi legge, sarei contento se mi desse qualche consiglio: cosa gli interessa di più di Gesù Cristo?
La sua figura umana o la sua fisionomia spirituale?
La spiegazione di passi noti del Vangelo fatta in modo accattivante per giovani lettori o la presentazione di problemi discussi, per esempio:"Gesù era sposato???", chi erano quei fratelli e quelle sorelle di cui parla il Vangelo???, Maria era sempre vergine, prima, durante, dopo il parto, come dice una certa teologia cattolica???
Giovani, aiutatemi a comporre questa biografia che dovrebbe aiutare voi a conoscere uno dei più grandi personaggi storici, tale indipendentemente dalla fede che possiamo avere nella sua divinità.

martedì, maggio 23, 2006

 

"Il Codice da Vinci" prime impressioni


Quando un film è migliore del libro, questo è il mio modesto avviso, è
degno di essere visto. Peccato che non sia comprensibile a tutti coloro che lo
vanno a vedere; suppone un bagaglio culturale notevole.
Ma è uno di quei film che spinge alla discussione, al dibattito, al confronto, al dialogo.
In una società come la nostra, con difficoltà di comunicazione, che al dialogo
preferisce le contrapposizioni, un film del genere, se debitamente sfruttato, è un mezzo pedagogico importante, è un'occasione di educazione sociale.
Per quanto riguarda l'aspetto religioso, non mi dà fastidio, né la
denuncia del potere di gruppi religiosi (Opus Dei), né la presentazione della
Maddalena come possibile moglie di Cristo.
La mia fede non va in crisi per queste cose.
Purtroppo non tutti sanno valutare simili affermazioni con
senso critico, ed allora, invece di far riflettere e poi discutere, vengono
assorbite informazioni storicamente errate.

domenica, maggio 21, 2006

 

Salire... cantando!

Festa dell'Ascensione
Marco 16, 15-20


La festa dell'Ascensione rimuove in me due ricordi della mia giovinezza che voglio parteciparvi.

Il primo riguarda le processioni che dalle parrocchie della Capriasca salivano quel giorno (e quella di Tesserete sale ancora) al convento di Bigorio. Nell'anno 1951 ero lassù per compiere il mio noviziato alla vita cappuccino e ricordo quell'incedere orante e salmodiante di gente che camminava dietro gli stendardi della propria fede, per riempire la chiesa e il piazzale di colori variopinti e voci intreccianti. Quelle processioni furono per me la prima esperienza indimenticabile di un ritrovo lieto e festoso su quel colle benedetto che mi sarà poi caro per tante altre meravigliose esperienze comunitarie, soprattutto con giovani coppie.
Sono tornato diverse volte a Bigorio per l'Ascensione, ma il ricordo della prima Ascensione vissuta lassù è rimasto indelebile, forse perché mi è sembrato - e mi sembra tuttora - che quel salire verso il monte fosse un voler ripetere anche fisicamente il viaggio che condusse Gesù e gli apostoli sul colle degli ulivi per l'ultimo addio terreno.

Il secondo ricordo è legato agli anni immediatamente successivi, quando da giovane cappuccino nel convento di Lugano, coi miei compagni, si condecorava la Messa dell'Ascensione cantando le "parti mobili" in gregoriano.
Uno fra i pezzi di quell' antichissimo canto della Chiesa che ho sempre privilegiato e che ancor oggi ascolto con molto piacere sui CD è l'antifona d'ingresso, che in italiano dice:

Uomini di Galilea
Perché fissate nel cielo lo sguardo?
Come l'avete visto salire al cielo
così il Signore ritornerà. Alleluja!

Ma tra i due fatti vi è qualche nesso?... Penso proprio di sì!... Infatti il salmo 46, che viene pur cantato in questa festa, annuncia:

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono della tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni;
cantate inni, al nostro Re, cantate inni.

Salire cantando!... Che bel programma di vita!...
Che preparazione meravigliosa a quella che deve essere la nostra ascensione verso il Signore, nel giorno in cui egli verrà a chiamarci per portarci eternamente con sè.

Purtroppo per molte persone - oggi - la vita non è, né un salire, e tanto meno un cantare!...
Molte, fra queste persone, non possono salire cantando sulla strada della vita, perché si trovano in condizioni economiche tali da scivolare sempre più nei bassifondi della miseria, col ventre vuoto, il cuore strozzato e il pianto disperato nella gola.
Queste persone devono suscitare in noi sentimenti di sdegno e propositi di aiuto, perché se sono così è anche colpa nostra; tutto quello che noi abbiamo in più del necessario è rubato a chi non ha l'indispensabile!... Dico, rubato!...
Trasformare il loro corso vitale che va diretto verso il baratro dell'indigenza, aiutarli a risalire col canto della speranza in cuore, deve essere un proposito concreto per chi desidera, prima di tutto, essere uomo e poi cristiano.

Ma vi sono tante altre persone che potrebbero concepire la vita come una scalata verso vette spirituali, o almeno colli religiosi, da compiersi cantando!... E invece preferiscono imputridire nelle pianure del qualunquismo e del materialismo, per poi lamentarsi che non hanno aria pura da respirare e che il loro cuore è gravato da depressioni.
A costoro vorrei ripetere ciò che S. Agostino diceva ai suoi fedeli, ma che potrebbe dire ancor oggi a tutti noi, che di parole e pensieri consolanti e incoraggianti ne abbiamo immenso bisogno.

Scriveva il grande vescovo d'Ippona:

''Sulla terra
il cuore non si corrompe
se s'innalza verso Dio.

Se tu avessi del grano in cantina,
lo porteresti nel granaio
per evitare che marcisca.
Se dunque sposteresti il tuo grano,
portandolo al piano superiore,
a maggior ragione dovresti preoccuparti
del tuo cuore, elevandolo verso il cielo.
In che modo?...

Attraverso atti d'amore, di generosità!
Il corpo sale cambiando di posto;
il cuore si eleva cambiando di volontà''.

Ascensione; cambiamento di posto del cuore!... Elevazione dello spirito!... Anticipazione di quel giorno in cui, anche noi saremo innalzati con Cristo alla gloria del Padre.

 

Campioni senza valore?

Etic(hett)a da "il c@ffè" del 21 maggio 2006

“Lasciate che i vostri figli crescano normali, se non volete avere dei disadattati sociali”. È il grido di un pedagogista americano ai genitori, alla scuola, alle associazioni sportive e artistiche (teatro, musica, balletto, ecc.). Costui insiste su un fatto purtroppo noto anche da noi: genitori che vogliono impegnare i figli in troppe attività esigendo che nelle stesse emergano sempre. Scuola selettiva che non ha la pazienza di attendere la maturazione intellettuale dei propri allievi, ma che vorrebbe tutti fra i “primi della classe”. Enti e associazioni, veri seminari di campioncini, che puntano solo sui “bravi”, quelli che fanno far bella figura all’organizzazione e gratificano gli allenatori, monitori, direttori ecc.
Da qui allenamenti tre o quattro volte la settimana, prove che alla vigilia del saggio diventano infinite, partite non solo quotidiane, ma due volte al giorno e, per la scuola, compiti, esperimenti, interrogazioni che vicino agli esami diventano ossessionanti.
“Lasciate che i vostri figli crescano normali, se non volete dei disadattati sociali”. E figli sotto simili stress non sono lasciati crescere come esseri normali, ma devono diventare “super”, devono soprattutto essere convinti che la normalità è banalità, la meta e l’eccezionalità, il modello è il vincitore, il traguardo è il podio.
Effetto di questo tipo di educazione?
Il meno pericoloso, e qualche volta desiderabile, è il rigetto. Dopo anni di sport il nostro quasi-campione non ne può più e smette completamente, arriva ad odiare lo sport.
Dopo estenuanti prove, la quasi pianista, violinista, flautista, chiude pianoforte e mette in soffitta altri strumenti; tempo e soldi sprecati! Ma il peggio è quando il giovane, non essendo riuscito ad essere campione si deprime fino al punto di diventare barbone. Dalle compagnie sportive e artistiche passa ai gruppi emarginati dove la droga del successo è sostituita dalla droga che porta alla distruzione. Sono fatti che posso documentare.

martedì, maggio 16, 2006

 

Nel segno dell'amore coniugale

Pensiero del dì di festa

VI. Domenica di Pasqua
Giovanni 15, 9-17


Quando mi viene chiesto di benedire un matrimonio, domando agli sposi di prepararsi bene; prima attraverso degli incontri, poi rivedendo il proprio cristianesimo con un esame di coscienza che precede il sacramento della penitenza, infine preparando con me tutta la celebrazione.
Per questo consegno loro un fascicolo con alcune letture bibliche del Vecchio e Nuovo Testamento, affinché loro stessi ne scelgano due o tre, quelle che rappresentano per loro un messaggio e offro la possibilità di leggere loro stessi davanti all'assemblea raccolta per accogliere il loro giuramento nuziale, i brani che hanno scelto.
Fra le varie pagine bibliche che propongo, una che viene scelta spesso, è il vangelo che leggeremo domenica prossima nelle chiese.
Il perché di questa scelta lo capirete da soli, se leggete attentamente questi versetti di Giovanni.

"In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
come il Padre ha amato me,
così anch'io ho amato voi.

Rimanete nel mio amore;
se osserverete i miei comandamenti
voi rimarrete nel mio amore.

Vi ho detto questo
perché la mia gioia sia in voi
e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni e gli altri
come io vi ho amati.

Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici.
E voi siete miei amici
Se farete ciò che io vi comando.

Non voi avete scelto me,
ma io ho scelto voi
e vi ho costituito
perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga.

Perché tutto quello che chiederete al Padre
nel mio nome ve lo conceda.
questo io vi comando:
amatevi gli uni gli altri."

Credo che sia facile capire perché questo brano piaccia agli sposi, è infatti tutto centrato sull'amore.
E che cos'è il sacramento del matrimonio, se non il giurare di fronte a Dio il proprio indissolubile amore? Ma amandosi, gli sposi, il giorno delle loro nozze sacramentali, testimoniano due cose: che esiste ancora l'amore sulla terra; che esiste Dio, perché per i cristiani Dio è amore.

Di questo brano evangelico vorrei sottolineare alcune frasi: "Vi ho detto questo, cioè di rimanere nel mio amore, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena."
Soltanto se siamo capaci di rimanere nell'amore di Dio, vissuto attraverso l'amore del prossimo, rimaniamo nel suo amore.
E chi è più prossimo per lo sposo e per la sposa il giorno del matrimonio?... Penso proprio il coniuge. E Gesù continua: "Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici."
Il Maestro non dice: morire per i propri amici, ma "dare la vita", quotidianamente, continuamente, fino alla morte!
Ma come dare la vita?... Attraverso uno sforzo di partecipazione, di condivisione, di compassione nel senso etimologico della parola, patire-con.
E chi è chiamato, più dello sposo e della sposa, a dare quotidianamente la propria vita per quella persona che è il suo prossimo più vicino?...

Gesù insiste: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga."
Dentro la scelta matrimoniale, se letta nella fede, vi è un progetto di Dio che ha scelto quelle due persone facendole incontrare affinché le stesse crescano, maturino e diventino un albero rigoglioso che domani produrrà il frutto dell'amore, i figli.
Ma a una condizione, che tutto questo avvenga osservando il Suo comandamento, quello dell'amore, perché soltanto in questa atmosfera affettuosa è possibile crescere e fruttificare.

Questa lettura non è soltanto bella ed opportuna per il giorno delle nozze, ma per ogni giorno della vita; è infatti un programma per tutti coloro che desiderano amare e che nell'amore riscoprono la gioia; quindi per tutti gli "uomini di buona volontà".

domenica, maggio 14, 2006

 

Etic(hett)a da Il Caffè del 14.5.2006

In questi giorni abbiamo assistito alle elezioni delle più importanti cariche dello Stato Italiano. Che spettacolo! Le leggi che fissano dei quorum alti nei primi ballottaggi per favorire la nomina di persone super-partes, ed invitare così a trovare un accordo su nominativi accettati dalla maggioranza e minoranza, non sono servite a nulla, anzi sono state volutamente snobbate e sono state completamente inutilizzate. Nomi di matusalemmi della politica ripescati per mettere in imbarazzo la parte avversa e così gettati in pasto alle critiche della nazione sono comparsi sul triste scenario di Palazzo Madama. Ritirate strategiche per garantirsi altri scanni, a Montecitorio, ecc. Che tristezza!
Ma non guardiamo fuori dal nostro quartierino cantonticinese, dove i nostri furbetti della politica sanno emulare magistralmente i politicanti oltre frontiera. Anche da noi l’appartenenza ad un determinato partito prima di tutto, soprattutto, al posto di tutto; per esempio sopra l’esperienza, alle mani già in pasta, al lavoro già fatto. E poi voti per mercanteggiare cariche, così la prossima volta tu voterai per me dato che questa volta io voto per te. Che tristezza!… E ci si lamenta che parecchie persone, specie giovani, non s’interessano di politica!… Se la politica è questa!… Per fortuna alle prossime votazioni si potranno scegliere le persone senza scegliere i partiti.
Questi ultimi hanno fatto di tutto per non concedere la scheda non intestata, perché, dicono: “È importante avere un’identità ideologica”. Ma se l’ideologia è quella del cadreghino, che ideologia è?…

P.S. Non conosco Reto Medici al quale faccio tutti i miei auguri di un proficuo lavoro. Conosco Patrizia Casoni-Delcò per anni di lavoro insieme contro le violenze soprattutto sui minori. Se Casoni non si presentasse per la nomina di un eventuale sostituto giudice dei minorenni a tempo pieno (cosa comprensibile), detta giudicatura, anzi il paese, perderà una persona competente, con le mani in pasta. Allora diremo grazie ai partiti.

martedì, maggio 09, 2006

 

Lui la vite, noi i tralci!

"Pensiero del dì di festa"

V Domenica di Pasqua
Giovanni 13, 18-24

Ci sono alcune pagine del vangelo che dovrebbero essere commentate da chi se ne intende di vite e di vignaioli. Per esempio quella che verrà letta domenica nelle nostre chiese dove Gesù dice:

Io sono la vera vite,
e il Padre mio il vignaiolo,
ogni tralcio che in me
non porta frutto lo toglie,
e ogni tralcio che porta frutto lo pota
perché porti più frutto ancora''.

Il tema della vite è un tema biblico.
Già nell'Antico Testamento Israele era stato paragonato a una vite piantata in Egitto, ma che Javè l'aveva strappata da quella terra di schiavitù per ripiantarla nella Terra Promessa dove sarebbe cresciuta in modo molto fruttifero.
Però la vite ha bisogno di cure, di potatura; se la si trascura è possibile che diventi una pianta malata che porterà dei frutti grami.
Ecco perché, lungo i secoli, la vigna di Israele è stata curata, potata, zappata dai vari vignaioli, i profeti.
Ma questa vite, invece di essere riconoscente a chi attraverso i vari tagli - le procurava dolore ma solo per ricavarne un frutto maggiore, si ribellò verso i suoi coltivatori.

Il vangelo registra una parabola su Israele quale vite: Gesù infatti racconta - con cruda sincerità - che questa vite fu affidata a dei vignaioli, i quali però non la curano molto, si preoccupano piuttosto di chi viene ad esigere quel quantitativo d'uva che al padrone spettava; costoro vengono malmenati e caricati di sacchi d'ingiurie piuttosto che di brente di uva.

Finalmente il padrone decide di mandare il suo Figlio Unigenito a riscuotere la parte che gli è dovuta, ma l'erede suscita nei cuori perfidi dei vignaioli una risposta ancora più aggressiva; verrà malmenato, anzi ucciso, perché quei disgraziati vogliono per sè tutto il prodotto della vite.
E' chiaro che Gesù, parlando di questo Figlio mandalo, perseguitato ed ucciso, parla dalla Sua stessa persona, mentre i vignaioli cattivi rappresentano i capi del suo popolo.

Il Maestro dunque - nel vangelo - si paragona, e alla vite, e al Figlio del Padrone della vite; quando si paragona alla vite domanda che noi, suoi fedeli, rimaniamo uniti a lui come i tralci, perché soltanto il tralcio attaccato alla vite gode della linfa e può portare frutto. Quando si paragona al Figlio del Padrone vuole che noi lavoriamo con lui nella vigna del Padre, per essere dei buoni vignaioli che formano un'unica cooperativa agricola; soltanto così la vite avrà le cure necessarie e a tempo opportuno porterà grappoli succosi.

E' un vangelo dunque - quello della vite - che parla di unità, di compenetrazione tra la pianta e il tralcio, tra il padrone e i servi.
Ecco perché finisce con queste parole:

''Se rimanete in me,
e le mie parole rimangono in voi,
chiedete quello che volete
e vi sarà dato.

In questo è glorificato il Padre mio,
che portiate molto frutto
e diventiate miei discepoli''.

Questa conclusione ci invita a riflettere su alcune cose: l'esigenza che Gesù ci manifesta di rimanere in Lui, non solo come persone, ma come realizzatori delle Sue parole. Se noi rimaniamo in Lui, cioè uniti a Lui e le sue parole rimangono dentro di noi, allora si che potremmo chiedere quello che vogliamo e tutto ci sarà dato.
Infatti rimanendo in Lui, le nostre richieste non saranno richieste bizzarre, interessate, egoiste, ma richieste dettate da quelle Sue parole che - essendo dentro di noi - ci suggeriscono cosa richiedere; amore, unità, tolleranza, comprensione, pace e giustizia, perché la nostra voce sarà ricca di quelle espressioni che Lui stesso ha seminato dentro il nostro cuore.
E facendo queste richieste, e lavorando perché queste richieste vengano realizzate, (perché se è vero che Lui ci donerà tutto, è altrettanto vero che la prima cosa che ci donerà sarà la forza per essere noi costruttori delle nostre stesse domande) noi glorificheremo il Padre, portando molto frutto e diventando quotidianamente suoi discepoli, cioè tralci sempre uniti alla sua vite, servi sempre disposti a lavorare nella sua vigna.

Purtroppo questo vangelo della vite e dei tralci e rispettiva unione è sempre stato letto applicandolo soltanto ai cristiani praticanti e fedeli. lo vorrei allargare lo sguardo, non solo perché questo "Pensiero del dì di festa", com'è risaputo, lo dedico soprattutto a coloro che frequentano poco o non frequentano del tutto la Chiesa, ma perché io credo che ci sono tanti modi per essere uniti a Cristo: alcuni meno perfetti, alcuni più perfetti.

Ma in un modo tutti possiamo perseguire questa unione, ed è quello di accogliere dentro di noi la parola di Cristo, il suo messaggio, che tutti gli uomini intelligenti e di buona volontà riconoscono essere interessante e responsabilizzante.
Questo messaggio, accettato e realizzato, ci aiuterà a portare frutti di bene.


domenica, maggio 07, 2006

 

Prime Comunioni

Etic(hett)a da "il c@ffè" del 7 maggio 2006

In queste domeniche post-pasquali in molte parrocchie si celebra la Prima Comunione. Non in tutte si segue la stessa impostazione. Alcune ammettono alla Prima Comunione i bambini di terza elementare, altri all’inizio della quarta. Nella mia Comunità alla fine della quarta, perché in terza viene fatta una formazione sul Battesimo con al termine una solenne riconferma dello stesso. Ritengo che un fanciullo prima di ricevere l’Eucaristia deve sapere che è cristiano. Inoltre si presentano sempre più spesso bambini che chiedono la Comunione e non sono ancora battezzati. Con un anno di formazione sul primo sacramento, al termine della stessa quando i compagni confermano il battesimo, chi non è battezzato lo può ricevere.
Per la Comunione ci sono famiglie che esigono cerimonie sfarzose alle quali seguono banchetti pantagruelici. Per loro il contorno festaiolo è più importante del nucleo religioso; loro - i genitori - non vanno mai a Messa, il bambino vi partecipa saltuariamente, poi dopo la Comunione non lo vedrai più, ma la festa deve essere magnifica.
Da noi i bambini vengono ammessi all’Eucaristia per la prima volta la sera del Giovedì Santo, nella Messa che ricorda l’ultima Cena di Gesù quando ha istituito l’Eucaristia; senza sfarzo, senza abiti particolari, ma vestiti come tutte le domeniche, senza fotografie, ecc.
Poi, una domenica di maggio, quei bambini animeranno una Messa e lì la Comunità li festeggerà. Se devono giungere parenti da lontano, abbiamo esortato le famiglie a invitarli per quella domenica. Quando abbiamo iniziato questa prassi c’è stata un po’ di resistenza, ora i genitori sono contenti, perché si punta sull’essenziale e non sul contorno.
Il tutto con la persuasione che i sacramenti sono segni-sacri che ci avvicinano a Dio per mezzo di Cristo, non occasioni per festeggiare certe tappe della vita. Una piccola cornice festosa non guasta, ma una grande cornice, per un minuscolo quadro è una presa in giro.

martedì, maggio 02, 2006

 

Pastore di pecore attive

Da "Pensieri del dì di festa"

IV Domenica di Pasqua
Giovanni 10, 11-18

La quarta domenica di Pasqua è detta del buon pastore, perché il vangelo di Giovanni riporta queste parole di Gesù:

"Io sono il buon pastore,
il buon pastore offre la vita per le pecore.

Il mercenario che non è pastore,
perché le pecore non gli appartengono,
se vede venire il lupo
abbandona il gregge e fugge,
e il lupo le rapisce e le disperde.
Egli è uno stipendiato
e poco gli importa delle pecore.
Io invece sono il buon pastore".

"Io conosco le mie pecore
e le mie pecore conoscono me".

Ho letto un bel commento a questa pagina del vangelo che voglio riportare almeno in parte: "Quando Gesù afferma di essere il vero pastore, l'unico pastore, il buon pastore, il suo discorso non ha niente di idilliaco. Si tratta della rottura definitiva con i capi d'Israele, prezzolati, mercenari, a cui non importava nulla delle pecore. Si legge infatti nel libro di Samuele: "Il tuo servo - ricorda Davide a Saul - custodiva il gregge di suo padre, e veniva talvolta un leone o un orso a portare via una pecora dal gregge; allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la pecora dalla sua bocca".
Questo di mettere a repentaglio la propria vita per una pecora sola, è il modo di agire di Cristo che riportando la vittoria pasquale, ha dato la sua vita per coloro che il padre gli aveva affidato".

Forse a noi non piace molto essere paragonati a pecore, a un gregge; tuttavia l'immagine della pecora, per certi aspetti, suggerisce bene la nostra situazione, privi come siamo di qualsiasi mezzo di difesa contro il lupo rapace. La pecora è - fra tutti gli animali - la meno dotata di senso d'orientamento, e per questo si affida d'istinto al pastore perché la difenda e la conduca.
Così il cristiano; se perde la bussola dentro il dedalo del mondo deve avere dei punti di riferimento, non imposti, ma liberamenti scelti.

Inoltre questa pagina del vangelo, se chiede ai cristiani il sacrificio del loro individualismo per formare comunità, in compenso garantisce loro lo sviluppo della personalità. La vocazione cristiana è infinitamente varia e diversificata; da una parte è agli antipodi dell'isolazionismo orgoglioso di chi pretende di vivere il vangelo restando separato dai fratelli in Cristo, ma dall'altra è agli antipodi dell'anonimato passivo di chi, perdendosi nella massa, si accontenta di un atteggiamento di inerte docilità. La vocazione cristiana è il frutto dell'amore personale del Cristo per ciascuno di noi, sia semplici fedeli, come "impropriamente" detti pastori, perché noi tutti siamo le pecore di quell'unico pastore che ci ha salvato morendo. Ma la stessa vocazione è anche la nostra personale e libera adesione ad un Pastore che ci ha tanto amati da dare la vita per noi.
Ed è appunto dentro questo amore che vogliamo vivere, non come pecore timide, ma attive, e come membri di una grande famiglia che riconosce in Cristo la propria guida.

E per coloro che si ritengono cristiani, ma aborriscono partecipare ad una Comunità, proprio perché la definiscono "gregge", e non vogliono saperne di una guida, di un pastore?... A costoro direi di sforzarsi a rivedere il loro concetto di Comunità e di lavorare con gli altri per trasformare le nostre istituzioni ecclesiastiche da greggi amorfi in famiglie vive.
E vorrei ricordare che, spesse volte, se si rifiutano guide spirituali, si arrischia di seguire "pecorescamente" chi ti spintona verso pascoli solo materiali.

Primavera e speranza


lunedì, maggio 01, 2006

 

Etic(hett)a da Il Caffè del 30.4.2006

Lo scorso venerdì Santo sono stato contattato da un rappresentante della Comunità Bahá’í esistente nel Ticino, per informarmi della persecuzione scatenata contro i loro fratelli in Iran. Ho accettato molto volentieri di interessarmi del problema, perché tutte le volte che si perseguita chi promuove spiritualità, si continua a perseguitare Colui che è stato uno dei grandi Maestri di spiritualità: Gesù di Nazaret. Perciò, ricordarsi del dolore seminato nel mondo, il giorno del dolore di Cristo, è un dovere anche per chi fa professione di ministro cristiano. E che questa persecuzione sia documentata lo dimostra la dichiarazione de “Il Relatore speciale della Commissione per i Diritti umani sulla libertà di religione delle Nazioni Unite, Asma Jahangir” che in merito scrive:
“Il Relatore speciale è venuto a conoscenza di una lettera confidenziale inviata il 29 ottobre 2005 dal Capo del Comando Generale delle Forze Armate in Iran ad una serie di agenzie governative. La lettera, che è indirizzata al Ministro dell’Informazione, alla Guardia Rivoluzionaria e alle Forze di Polizia, dichiara che il Leader supremo, Ayatollah Khamenei, ha dato ordine al Comando Generale di identificare le persone che aderiscono alla Fede Bahá’í e controllare le loro attività. La lettera prosegue con la richiesta ai destinatari di raccogliere, in maniera altamente confidenziale, qualsiasi informazione sui membri della Fede Bahá’í.
Il Relatore Speciale è preoccupato per l’iniziativa di controllare le attività degli individui semplicemente perché aderiscono ad una religione che differisce dalla religione di Stato. Considera che un tale controllo costituisca un’inaccettabile e non ammissibile interferenza con i diritti dei membri di minoranze religiose. Ha anche espresso preoccupazioni al fatto che le informazioni acquisite in conseguenza a un tale controllo saranno usate come base per un incremento delle persecuzioni e discriminazioni nei confronti degli appartenenti alla fede Bahá’í, in violazione alle leggi internazionali”.

È importante sensibilizzare le coscienze contro questa ennesima violazione della libertà di religione, ma sarebbe importante un appello delle autorità svizzere al governo dell’Iran perché desista nel violare un elementare diritto umano.

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