domenica, maggio 02, 2010

 

Imparare ad amarsi

Qualche tempo fa su un marciapiede di Milano ho letto una scritta a caratteri cubitali fatta con un gessetto colorato che diceva: “Lucia, questo è il posto più bello di Milano, perché qui ti ho dato il primo bacio. Tuo Marco”. Veramente in mezzo ai palazzoni, quello non è un posto che si può definire “bello”, ma per quei due ragazzi, penso due adolescenti, è stato il posto della loro prima effusione affettiva. Quando vedo questi giovanissimi che si baciano per la strada, non provo quel sentimento di noia e di fastidio che qualche persona manifesta dicendo: “Che vadano a casa se vogliono fare queste porcherie”. Chi parla così, o non è stato giovane, o non ha saputo vivere i momenti dell’affettività giovanile. Purtroppo però questi giovani, alle volte, confondono l’amore per l’altra persona con la capacità di amare se stessi. In fondo, dicono gli psicologi con ragione, molti giovanissimi senza accorgersi si innamorano di se stessi perché scoprono in sé la capacità di aprirsi verso una persona di altro sesso. Questo può essere il primo passo, l’incentivo, ma poi guai a fermarsi lì. Bisogna che l’amore si trasformi in una profonda amicizia, anche critica, che sia accompagnato da un dialogo profondo e che non venga subito consumato con gesti più impegnativi. Se questo amore si ferma lì, bloccato nel piacere sessuale, questi adolescenti arrischiano di non conoscersi e di rimanere estranei, magari per diversi anni e poi, dopo una lunga convivenza, già stanchi l’uno dell’altro, decidono di sposarsi con un matrimonio senza nessuna garanzia di continuità. I giovani hanno quindi bisogno di un’educazione all’affettività responsabile. Scrivo questo perché da fonte fede-degna (docenti) vengo a sapere che in qualche nostra scuola superiore si tengono lezioni troppo tecniche senza insistere sulla sessualità come espressione di affettività responsabile.

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