domenica, settembre 06, 2009
Impara l'arte
“Tutto è iniziato quasi per caso. Avevo fissato un appuntamento in un’osteria a Losone per incontrarmi con un viticoltore che voleva essere consigliato. Arrivo puntuale, ma lui non c’è. Mi siedo al tavolone al centro della stanza. Di fronte a me è seduto un uomo desideroso di conversare. Era un artista. Mi ha raccontato la sua storia, mi ha poi invitato nel suo studio ed io ho comperato il mio primo quadro”.
A raccontare è Mario Matasci, proprietario e responsabile della prestigiosa galleria Matasci di Tenero, che quest’anno compie quarant’anni di attività, e dell’omonima cantina, che ha reso famoso il Merlot ticinese in tutta la Svizzera. Qualche giorno dopo Erwin Sauter, l’artista incontrato nell’osteria, va a trovare Matasci nella sua cantina a Tenero. Si innamora di quegli spazi e chiede di organizzare un’esposizione delle sue opere in cantina. La mostra ha successo e a quella richiesta ne seguono altre, d’altri artisti che espongono e si esibiscono nei locali dove invecchia il Merlot. Otto anni più tardi viene inaugurata una sede prestigiosa nella bella Villa Jelmini, che oltre ad ispirare il nome di uno dei migliori vini della casa, ospita anche la nuova galleria dove vengono presentati artisti ticinesi e lombardi contemporanei e altri legati al movimento del Monte Verità (“Il vento del nord”). Nel giro di pochi anni esporre alla Matasci diventa una sorta di traguardo.
Come scrive Claudio Guarda, Mario Matasci “ha combattuto la sua battaglia di gallerista per rivendicare la libertà delle scelte personali, secondo la sua inclinazione e il suo sentire; non ha mai fatto un’esposizione perché dovuta, ha sempre fatto solo esposizioni sentite” (in “Arte a Tenero”, Tenero 1999).
“La mia è una scelta emotiva - mi aveva dichiarato Matasci nel 1991 in un’intervista apparsa il 7 dicembre sull’Eco di Locarno - sicuramente sbagliatissima perché il vero gallerista è quello che fiuta il vento, l’artista che va per la maggiore”. Ed è proprio questa visione autentica, spontanea e molto personale all’arte che ho sempre ammirato in Mario. La sua straordinaria collezione, che si può in parte ammirare su prenotazione ne “Il Deposito” a Riazzino (tel. 078 601 60 24), è intima e ben rappresenta la sua visione dell’esistenza. Chi la visita è spesso colpito dalla drammaticità e dalla tristezza espresse in quelle opere d’arte. Eppure Mario è un uomo che ama la vita. Come spiegare allora la scelta di opere che esprimono i drammi dell’esistenza, il mal di vivere? Ricordo, molti anni fa, quando Mario insistette perché visitassi una mostra sulla vanitas a Bergamo. Si trattava di opere che ricordavano in modo quasi ossessivo la caducità della nostra esistenza nei confronti dell’appuntamento finale con la morte. Ebbene, anche gli ottimisti realisti e intelligenti come Mario non sfuggono a questa consapevolezza. Nasce da qui l’ispirazione di presentare opere profonde, che fanno riflettere sul significato della nostra vita. È come se con le sue scelte Mario ci volesse comunicare che per lui l’arte è un momento di verifica di noi stessi. Tre quadri della sua collezione con tre donne protagoniste riassumono bene questa visione. Il primo è di Rolf Schürch e rappresenta una donna alla finestra, forse una prostituta, schifata dall’esistenza. Il secondo è di Kate Kollowitz e ritrae una madre sofferente ma rassegnata. Il terzo è di Francese e presenta una donna che piange disperata sulla strada perché ha perso tutto. Tre grandi opere e tre immagini purtroppo vere e reali della vita, imposte a una società che non ama riflettere sulle tragedie. Altri quarant’anni così, caro Mario.
A raccontare è Mario Matasci, proprietario e responsabile della prestigiosa galleria Matasci di Tenero, che quest’anno compie quarant’anni di attività, e dell’omonima cantina, che ha reso famoso il Merlot ticinese in tutta la Svizzera. Qualche giorno dopo Erwin Sauter, l’artista incontrato nell’osteria, va a trovare Matasci nella sua cantina a Tenero. Si innamora di quegli spazi e chiede di organizzare un’esposizione delle sue opere in cantina. La mostra ha successo e a quella richiesta ne seguono altre, d’altri artisti che espongono e si esibiscono nei locali dove invecchia il Merlot. Otto anni più tardi viene inaugurata una sede prestigiosa nella bella Villa Jelmini, che oltre ad ispirare il nome di uno dei migliori vini della casa, ospita anche la nuova galleria dove vengono presentati artisti ticinesi e lombardi contemporanei e altri legati al movimento del Monte Verità (“Il vento del nord”). Nel giro di pochi anni esporre alla Matasci diventa una sorta di traguardo.
Come scrive Claudio Guarda, Mario Matasci “ha combattuto la sua battaglia di gallerista per rivendicare la libertà delle scelte personali, secondo la sua inclinazione e il suo sentire; non ha mai fatto un’esposizione perché dovuta, ha sempre fatto solo esposizioni sentite” (in “Arte a Tenero”, Tenero 1999).
“La mia è una scelta emotiva - mi aveva dichiarato Matasci nel 1991 in un’intervista apparsa il 7 dicembre sull’Eco di Locarno - sicuramente sbagliatissima perché il vero gallerista è quello che fiuta il vento, l’artista che va per la maggiore”. Ed è proprio questa visione autentica, spontanea e molto personale all’arte che ho sempre ammirato in Mario. La sua straordinaria collezione, che si può in parte ammirare su prenotazione ne “Il Deposito” a Riazzino (tel. 078 601 60 24), è intima e ben rappresenta la sua visione dell’esistenza. Chi la visita è spesso colpito dalla drammaticità e dalla tristezza espresse in quelle opere d’arte. Eppure Mario è un uomo che ama la vita. Come spiegare allora la scelta di opere che esprimono i drammi dell’esistenza, il mal di vivere? Ricordo, molti anni fa, quando Mario insistette perché visitassi una mostra sulla vanitas a Bergamo. Si trattava di opere che ricordavano in modo quasi ossessivo la caducità della nostra esistenza nei confronti dell’appuntamento finale con la morte. Ebbene, anche gli ottimisti realisti e intelligenti come Mario non sfuggono a questa consapevolezza. Nasce da qui l’ispirazione di presentare opere profonde, che fanno riflettere sul significato della nostra vita. È come se con le sue scelte Mario ci volesse comunicare che per lui l’arte è un momento di verifica di noi stessi. Tre quadri della sua collezione con tre donne protagoniste riassumono bene questa visione. Il primo è di Rolf Schürch e rappresenta una donna alla finestra, forse una prostituta, schifata dall’esistenza. Il secondo è di Kate Kollowitz e ritrae una madre sofferente ma rassegnata. Il terzo è di Francese e presenta una donna che piange disperata sulla strada perché ha perso tutto. Tre grandi opere e tre immagini purtroppo vere e reali della vita, imposte a una società che non ama riflettere sulle tragedie. Altri quarant’anni così, caro Mario.
Etichette: arte, Matasci, meditazione