domenica, novembre 28, 2010

 

Difendere la famiglia

Leggendo i giornali di questi giorni, dove si tratta con fin troppa insistenza del delitto di Obino, mi sovviene una frase di Gesù, ripresa nella liturgia del sacramento del matrimonio, che io rivolgo con una certa solennità a tutti i presenti:
"Nessuno osi separare ciò che nel nome del Signore si è unito".

Faccio poi notare all'assemblea che la loro presenza alla cerimonia non è soltanto una condivisione di un momento di felicità, ma un impegno, una responsabilità a circondare la nuova coppia matrimoniale con tutte le attenzioni necessarie affinché la loro unione sia duratura.
Oggi queste parole dovrebbero essere ripetute a molte altre persone che, durante la vita, avvicinano e condividono tempo e interessi con gente sposata. Purtroppo molte coppie si sfasciano perché delle interferenze indebite da parte di compagni di lavoro e di divertimento, non si arrestano nelle avances, pur sapendo che si tratta di persone sposate e - queste avances - ad un certo momento diventano tanto insistenti da mettere il soggetto di fronte ad un ricatto: o me o lui (lei), o ad una pressione tale che - come nel caso citato - può portare al delitto.
Simili persone potranno anche non essere penalmente perseguibili, ma moralmente sono responsabili.
Scrivo questo non per condannare, ma la mia esperienza come consulente mi dice che troppo spesso le coppie si sfasciano per interferenze di persone che diventano più invadenti quando sanno che la persona su cui hanno messo gli occhi è coniugata.
Inoltre scrivo per amore della famiglia e della sua solidità e felicità, perché non ho mai visto un divorzio senza che qualcuno - specie i figli - abbia sofferto. È vero che è meglio una separazione consensuale che una "lotta continua", ma meglio ancora è uno sforzo e una strategia difensiva dell'amore coniugale. Oggi si dice che nella nostra società manca una "cultura della separazione", sarà vero, ma sarebbe meglio una "cultura della responsabilità a salvaguardare l'unione".

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