domenica, ottobre 17, 2010

 

Comunicare la verità

La settimana scorsa nella vicina (ed amata) Repubblica - mentre i partiti di destra continuano dare spettacolo di divisioni, lacerazioni, ricatti e quelli di sinistra continuano a brillare per mancanza di un progetto politico e di una leadership carismatica - sono avvenuti fatti agghiaccianti.
Uno zio (ma è stato lui?) ha assassinato, abusato da morta e occultato il cadavere di una nipote adolescente.
Una mamma ha ucciso il figlio primogenito e poi ha tentato il suicidio.
È stato ritrovato lo scheletro di un uomo morto da sette anni, nessuno si era accorto della sua scomparsa.
Mi direte: queste cose sono sempre capitate; oggi attraverso i mezzi di comunicazione si conoscono di più. È vero, ma è vi è un nesso tra gli incoscienti comportamenti politici e i tristi (delittuosi) fatti familiari e sociali? Certamente. Tutto è generato dalla mancanza di quell'etica che questo modestissimo scritto vorrebbe privilegiare.
Ma, nei casi sopra citati, la mancanza di etica l'abbiamo riscontrata anche nei mezzi di comunicazione. Da una parte i giornali che hanno inventato dossier per infangare nemici politici, dall'altra una trasmissione che ha mandato in diretta la confessione dello zio assassino.
Non diamo giudizi, constatiamo e sottolineiamo che l'etica impone una distinzione tra informazione e comunicazione. L'informazione raccoglie e trasmette senza curarsi delle possibili reazioni, suo idolo è lo scoop. La comunicazione (parola che contiene il termine di unione) si preoccupa di cosa una notizia può suscitare nell'ascoltatore e, oltre a curare la scrupolosa verità, cura il modo di trasmetterla; suo scopo non è solo il far sapere, ma anche lo stabilire un rapporto il più possibile costruttivo - quindi educativo - tra chi comunica e chi riceve. Se l'informazione è neutra, la comunicazione è il più possibile personalizzata e, in quanto tale, deve curare come una notizia viene comunicata e a chi viene comunicata.
La verità non è materia d'informazione ma di comunicazione.

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