mercoledì, marzo 17, 2010

 

Internet ergo sum

Copertina del libro delle parabole di P.Callisto
Questo titolo, che ho letto non ricordo più dove e che continuava con "la rete ha cambiato la nostra vita ed il nostro modo di pensare" mi dà lo spunto per completare - tramite questo blog - la prima edizione del mio ultimo libro sulle parabole di Gesù.
In effetti, P. Ortensio da Spinetoli, il maggior biblista vivente italiano, mi ha onorato con una sua presentazione-recensione, talmente acuta e a largo raggio che ho pensato bene di collocarla come prefazione alla seconda edizione (italiana) del mio libro. Per tutti coloro che hanno già la prima edizione, accludo qui di seguito il commento di P. Ortensio, che con un classico copia-incolla-stampa potrà integrare utilmente le prime pagine del testo già nelle loro mani.

L’autore ha avuto la felice idea, l’intuizione, non diciamo l’ispirazione di dedicare un volume a parte alle più belle pagine del vangelo, eccezionali, incomparabili, verosimilmente uniche nella letteratura religiosa di tutti i tempi. Testi didattici che non fanno leva su sottili riflessioni sapienziali o meno ancora su precise argomentazioni accademiche, bensì su “esemplificazioni” tratte dalla vita di ogni giorno, da ciò che accade sotto gli occhi di ognuno e di tutti. “Parabola” infatti traduce una parola greca derivata dal verbo “parà-ballo”, “metto a raffronto”, “paragono”, ben più esplicita dell’eterogeneo corrispondente termine ebraico mashal: esempio, allegoria, proverbio, favola, finzione, gioco, parabola (cfr. p. 16, n.5).
Gesù non è l’unico profeta che ha fatto ricorso a questo linguaggio (v. i richiami nel pp. 12-20), allo stesso modo si potrebbe provare a dire che p. Callisto non è il primo che si è trovato a commentare la parabola evangelica, ma l’ha fatto in una maniera così personale, chiara, efficace che non è dato spesso incontrare.
Il libro eccelle infatti per la sua informazione esegetica (v. gli autori che cita a pié pagina e nella “bibliografia consultata”, pp. 189-191), ma più ancora per la tattica professionale, ovvero catechetico-pastorale quale si addice ad un esperto divulgatore della divina parola (v. l’elenco delle sue pubblicazioni all’ interno della copertina, p. 197), ad un animatore di comunità e di gruppi di credenti, dentro e al di fuori della propria circoscrizione residenziale, raccogliendo quesiti e interrogativi su problemi di vita e di fede, a cui ora si propone di rispondere in questa “seconda parte” della ricerca su “Gesù”.

Dopo un obbligato ragguaglio propedeutico, cioè introduttorio, (cc. I-V), il libro passa a una dettagliata e insieme sintetica analisi delle singole parabole (VI-XVI). Da esperto espositore e catechista, l’autore intercala l’esposizione o rassegna, oltre che con delle illustrazioni del Doré, note ma sempre incisive, con pagine extra, per di più ben incorniciate e a caratteri tipografici più rilevanti e più vivi, nelle quali si possa scorgere d’un colpo d’occhio, il tema, i protagonisti, i dialoghi, sottintesi, ma esplicitati, delle principali parabole. Se il più delle volte gli autori mettono in corsivo i punti più salienti che vogliono far meglio notare, Callisto ha fatto il contrario, costellando di “murales” la raccolta dei quadri parabolici.
Il messaggio centrale delle parabole, come si sa, è la rivelazione dei “misteri del regno dei cieli” (Mt 13,11) e l’annunzio della straordinaria, inesauribile bontà, misericordia divina. Due temi che non si possono richiamare, esplicitare, approfondire mai abbastanza poiché sono lamidolla stessa, l’essenza del vangelo. L’autore lo riferisce inizialmente (c. IV) e lo ripete qua e là in tutto il libro, dato che il regno è il tema dominante della predicazione di Gesù (il termine ricorre oltre un centinaio di volete nei sinottici, v. p. 35) e quindi il più illustrato delle parabole. Ma quello che non si deve dimenticare, avverte coraggiosamente p. Callisto, è che l’espressione non richiama un semplice enunciato profetico, bensì una programmazione se non eversiva, sempre innovativa, per non dire “rivoluzionaria” (p. 52). Il binomio non allude a un ristabilimento o rinsaldamento della dominazione di Dio sul creato e gli esseri che lo popolano, che non è stata mai messa in pericolo, ma l’avvio di una convivenza tra gli uomini qual’è quella che vige tra gli abitanti del cielo che non può non essere serena, ordinata, felice. Il corso della storia secondo l’ideale, il sogno, l’utopia di Gesù potrà, dovrà “presto” (“oggi”: Lc 4,18), cambiare come avevano previsto i profeti (cfr. Is 9, 1-6), fin dalle origini (cfr. Gn 2).
La sorpresa tuttavia che i testi parabolici lasciano nell’animo del lettore è che lo pongono troppo spesso di fronte a un’immagine contrastante, ovvero contraddittoria di Dio e di Cristo.
Egli è il signore munifico che condona 10mila talenti, una somma a quei tempi quasi incalcolabile (Mt 18, 21-27) e poco dopo condanna irreparabilmente lo stesso debitore a una pena senza fine, lui e la famiglia (18, 28-35). Allo stesso modo è il re che costringe tutti, buoni e cattivi, a entrare nella sala del convito e poi si mostra spietato contro il povero invitato che non era riuscito a procurarsi la veste da cerimonia (Mt 22, 7-12). Gesù dice a Pietro che occorre perdonare 70 volte sette, cioè sempre, e la comunità di Matteo che pure agisce in nome di Cristo, dopo la seconda ammonizione espelle dalle sue fila il trasgressore (Mt 18, 15-17). Sono specimen delle ben note “antinomie” che si riscontrano nei vangeli e che finiscono per lasciar perplessi i suoi lettori. P. Callisto allude alla svelta ed un’eventuale “maturazione (evoluzione) psicologica” di Gesù che da patrocinatore di una quasi inimmaginabile misericordia divina si sia poi sentito obbligato, alla pari del più dei profeti, a far appello ai rigori della sua giustizia (p. 25), ma ricorda pure e più frequentemente e anche più giustamente (pp. 15; 3 1-156) che i ripetitori dell’insegnamento di Gesù sono stati costretti a “tradurlo”, cioé a reinterpretare, quindi adattarlo al grado di formazione culturale e maturazione spirituale dei nuovi destinatari.
Il Buon Pastore
E in questo passaggio possono essersi verificate contaminazioni, persino rilevanti “diversificazioni” “cose parecchio diverse” : p.15) rispetto al messaggio originario di Gesù. “Comunque le parabole come le possediamo sono forse più elaborazione delle prime comunità che parole di Gesù, come spesso vedremo nel commento che faremo delle stesse” (ivi, p. 15).
In tutti i modi i diretti destinatari del messia, provenivano dal giudaismo e passando alla sequela di Cristo hanno conservato molte delle concezioni teologiche ed etiche in cui erano nati e vissuti e per questo non sono sempre riusciti a comprendere (v. la domanda di Pietro in Mt 18,21) e può darsi nemmeno ad accettare l’altissima liberalità che Gesù accordava al Dio dei padri che era sì largo (almeno con i figli d’Israele) in bontà e misericordia (cfr. Es 34, 7; Num 14,18; Dt 5, 9-10) ma anche oltremodo geloso, pronto a punire le colpe dei padri nei figli (innocenti) fino alla terza e alla quarta generazione (Es. 20, 5; cfr. Dt 28). Se ciò è vero non è fuori posto pensare che brani e brandelli della vecchia legge (in questo caso anche del taglione) siano entrati a far parte della predicazione apostolica e nello stesso tempo di uno (pseudo) messaggio evangelico. Gli orti e i vestiti vecchi si sono ritrovati a stare insieme con vini e pezze nuove!.
Gesù si era provato a liberare gli uomini dall’oppressione dei propri simili e dal terrore di Dio, ma certi suoi seguaci sembra che abbiano avuto più a cuore rilasciarli in balia del potere (chiamandolo “autorità”: Rm 13,1) degli uomini e dell’ira di Dio (chiamandola “giustizia”). Sono i “rigoristi” della prima e delle successive generazioni (chiamati i manichei o giansenisti), in una parola i “farisei” di tutti i tempi che hanno finito per oscurare se non proprio cancellare il messaggio centrale del vangelo, la grande benignità e umanità del nostro Dio (cfr. Tit 3,4), quale risplende, secondo il libro di p. Callisto, nel primigenio tenore delle “sue meravigliose parabole”.

P. Ortensio da Spinetoli

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