domenica, settembre 27, 2009
Partecipazione
Continuando il discorso che ci siamo proposti come “fil rouge” per quest’estate, il discorso sulla Chiesa, vorrei riflettere un momento con voi sul problema dei riti. Molto spesso nell’ambito cattolico si accusa la Chiesa di celebrare dei riti freddi, non coinvolgenti, quasi magici. L’accusa molto spesso è vera. Forse ci sono delle regole liturgiche troppo strette che non permettono ai celebranti di poter esprimere tutte le proprie emozioni e obbligano il popolo ad assistere in forma molto poco partecipativa, piuttosto passiva.
Queste regole dovrebbero essere allargate perché, salvo l’osservanza di norme necessarie affinché la fantasia dei celebranti non debordi, è indispensabile poter manifestare attraverso il rito anche tutto ciò che si sente nell’intimo del proprio cuore, per una partecipazione più attiva, vorrei dire anzi emotiva.
Ma perché un rito riesca bene sono necessarie tre cose.
La prima: la fede da parte di chi lo celebra, e quando parlo di celebranti non intendo soltanto il sacerdote che amministra il rito, ma anche coloro che lo richiedono e tutti i partecipanti. Senza fede, cioè senza credere profondamente che al di là del rito vi è un’immersione di quella grazia e una partecipazione alla vita divina, il rito diventa superstizione e magia.
La seconda condizione: è importante che il rito sia preparato bene, per questo ogni celebrazione dovrebbe essere preceduta da una seria e personalizzata preparazione. È indispensabile trovarsi con coloro che lo chiedono: con i genitori nel caso del Battesimo, con i fidanzati per il Matrimonio, con bambini/ragazzi e genitori per la Prima Comunione e per la Cresima, con gli ammalati per l’Olio degli Infermi, ecc. Soltanto una preparazione seria, se necessario anche prolungata - nella quale oltre al significato teologico del rito vi sia la spiegazione delle sue singole parti - fa sì che il rito stesso diventi eloquente e comprensibile.
La terza condizione: il momento liturgico partecipato con la sottolineatura dei punti focali ed un’attiva presenza di tutta la Comunità che risponde, prega, interviene, per esempio nella formulazione delle preghiere dei fedeli, nelle varie letture, e perché no, in qualche considerazione al termine del rito stesso. Coinvolgere la Comunità, fosse la stessa formata soltanto dai parenti, vorrebbe dire creare dei momenti di forte spiritualità. Tutto questo, domanda lavoro e fatica, soprattutto impegno per quei sacerdoti che, magari nello spazio di poche ore, devono celebrare riti diversi.
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