domenica, marzo 23, 2008

 

Pasqua

All’inizio dell’Esodo vi è una festa che ancor oggi ebrei e cristiani celebrano: la Pasqua. Il suo nome sta per “passaggio” e, probabilmente, esisteva ancora prima che gli Ebrei passassero dalla schiavitù egiziana alla libertà del popolo di Jahwé.
Era la festa dei pastori che “passavano” dalla vita quasi sedentaria dei mesi invernali alla vita loro propria, quella di nomadi che spingevano i loro greggi verso la steppa alla ricerca della prima erba. Prima di partire (e appena fissate le tende alla prima tappa) sacrificavano un Agnello e cospargevano con il suo sangue gli stipiti (paletti) per tener lontano gli spiriti maligni. Dovendo viaggiare non potevano cucinare il pane quotidianamente, ma prima di partire preparavano delle focacce azzime (senza lievito) in modo che si conservassero per parecchio tempo. Questa preparazione avveniva in un clima tanto gioioso da originare un’altra festa, detta appunto la “Festa degli azzimi”.
Mosè sfruttò queste feste e quando riuscì a convincere il popolo che il loro Dio lo voleva libero, sfruttò le due ricorrenze, la “Pasqua” e gli “Azzimi” per organizzare la fuga. Ecco perché la sera prima dell’ultima piaga (castigo divino) ordinò di mangiare l’agnello pasquale e con il suo sangue segnare l’architrave delle loro porte. L’angelo del Signore, che sarebbe passato a sterminare i primogeniti egiziani, avrebbe risparmiato gli abitanti nelle case con gli stipiti insanguinati. Ed ecco perché comandò di preparare il pane azzimo da prendere come viatico durante la fuga. È la “Pasqua del Signore” disse Mosè ai suoi; il Signore passa, sia con un terribile castigo inferto agli egiziani che, cocciutamente, non volevano lasciare partire gli ebrei dal loro territorio, sia nel “segno” del pane azzimo, vero viatico (cibo per la via) sostentatore nel lungo cammino, ma anche precedendo tramite una nube luminosa il popolo fuggiasco diretto verso il deserto del Sinai.
Gesù diede alla Pasqua ebraica un altro significato, il passaggio dalla morte alla vita, mediante il suo sacrificio quale “vero Agnello” che toglie il peccato del mondo. Noi celebriamo oggi ambedue la Pasqua, quella ebraica perché abbiamo bisogno di essere liberati dalla nostra schiavitù e quella cristiana con la risurrezione di Cristo. Ed è con questo spirito che a febbraio abbiamo celebrato il nostro viaggio dell’Esodo del quale parlano queste pagine.

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