domenica, febbraio 04, 2007

 

In ricordo dell'Abbé Pierre.

Etic(hett)a da "il c@ffè", 4 febbraio 2007

Da più parti mi è stato chiesto se ho conosciuto l’Abbé Pierre; forse perché anche lui è stato Cappuccino, forse perché anch’io mi interesso di problemi sociali. Personalmente non l’ho conosciuto, indirettamente sì. Negli anni ‘70, attirato dalla fama emergente dei campi estivi di Emmaus, con un gruppo di giovani ticinesi feci un’esperienza in quel di Verona, partecipando ad un campo di lavoro organizzato dai discepoli dell’Abbé Pierre. Compito dei ragazzi era quello di andare in città e nelle campagne vicine a raccogliere carta, portarla in un capannone, mentre le ragazze dovevano togliere eventuali nastri adesivi, imballarla per portarla a riciclare. Fu un’esperienza forte e bella. La sera ci si trovava a discutere, e li conoscemmo le gesta di quel eccezionale animatore francese raccontate con entusiasmo da chi lo conosceva. Poi, chi era credente, veniva invitato ad un momento di preghiera. A me rincrebbe che, dopo alcuni giorni di lavoro, fui mandato nella segreteria del campo per ricevere, ascoltare e, con un’assistente sociale, aiutare i vari disperati, soprattutto ex carcerati che bussavano alla porta di quel campo lavorativo. Non so ancora oggi se mi affidarono quel compito perché non rendevo molto nel lavoro materiale (probabilmente), o perché avevano ritenuto che un frate avesse la pazienza necessaria per ascoltare tanti poveri disperati che venivano a chiedere pane e conforto.
Questo mio ricordo di una conoscenza indiretta dell’Abbé Pierre vuol essere un ringraziamento a questo grande uomo per avere indicato ai giovani la strada del volontariato tramite quei campi di lavoro. Io stesso, col gruppo portato a Verona, andai un anno nel trentino a liberare campi e strade dai detriti accumulati da un furioso uragano, ed andammo (o meglio andò il gruppo perché io mi ammalai e finii all’ospedale) in Sicilia dopo il terremoto. Esperienze forti, che consiglio a tutti i giovani dai 15 anni in su. Più di tanti discorsi, il contatto con popolazioni colpite da disgrazie o un’esperienza nel Terzo Mondo, forgia il carattere, apre orizzonti, educa alla socialità, fa vivere il vangelo.

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