giovedì, dicembre 14, 2006

 

Ringraziamenti

Vorrei, anche in questa sede, ringraziare personalmente tutti coloro che con le loro domande, suggerimenti e proposte mi hanno aiutato a concludere e pubblicare il mio ultimo libro:
"Ti presento Gesù Cristo"


   

A questo scopo accludo per intero il testo di Fernando Lepori letto a Spazio Aperto il 4 dicembre 2006 per la sua presentazione: forse qualcuno potrà riconoscersi.


L’aspetto che caratterizza maggiormente il libro di p. Callisto, e che del resto risulta evidente fin dal frontespizio, è che esso si rivolge esplicitamente ai dubbiosi e ai non credenti. Con due precisazioni: per i primi: "chi dubita senza preconcetti"; per i secondi: "chi non crede senza astio" (così almeno si leggeva nella versione che io ho letto prima della stampa, adesso vedo che la formulazione è stata leggermente modificata). Dunque non gli indifferenti, e nemmeno quei laicisti radicali che tendessero a negare anche solo la legittimità di una riflessione su Dio e sulla trascendenza.
Naturalmente, accanto a "chi dubita" e a "chi non crede", il libro ha anche un terzo destinatario, cioè il credente. Questo risulta chiaro dalla lettura: spesso, dopo l’illustrazione di un passo evangelico, l’autore propone le sue riflessioni, differenziandole secondo che il suo lettore sia chi crede, oppure chi dubita, oppure l’ateo.
Con questa scelta p. Callisto mostra di aver capito che la nostra società, quella dei primi anni del terzo millennio, è cambiata: non è più caratterizzata (come poteva essere anche solo dieci o quindici anni fa) da una contrapposizione tra i credenti e coloro che, un po’ impropriamente (l’uso del termine è tipico della cultura italiana), sono definiti laici. Quella divaricazione oggi si è molto attenuata: da parte dei laici è venuto meno molto dell’anticlericalismo che a volte li contraddistingueva (retaggio della cultura sette e ottocentesca); da parte dei credenti si guarda in altro modo a chi non crede. In altri termini: oggi i contorni sono molto più sfumati, la distinzione tra chi crede e chi non crede (non parlo qui di pratica religiosa) non è più così netta.
Con questo si spiega molto bene la scelta di p. Callisto. Come dire: chi vuole presentare oggi la vita di Gesù di Nazaret si rivolge, prima che al credente, a chi dubita e a chi non crede.

Un secondo aspetto che va subito indicato è il seguente: il libro di p. Callisto è una presentazione della vita e delle opere (usiamo pure questo binomio classico, da manuale) di Gesù di Nazaret condotta secondo il metodo della ricerca storico-critica: questa è un’acquisizione non recente, ma nemmeno scontata per tutti i lettori.
Chi legge il libro constata che quello che, pagina dopo pagina, vi si dice su Gesù si appoggia continuamente, come a una fonte letteraria, ai Vangeli: dunque una continua analisi di passi evangelici. Non solo: il Vangelo non viene interpretato, ingenuamente, ‘alla lettera’: viene letto come si legge un testo letterario, cioè un testo che non è cronaca, non è un’elencazione di fatti, ma è una rielaborazione di fatti. P. Callisto è spesso esplicito nel rendere attento di questo il lettore: parla di generi letterari, del valore simbolico di certe formulazioni che ricorrono in molti passi del racconto evangelico. Ci insegna insomma che, come non si può leggere la Divina commedia senza conoscere il 'codice' della letteratura dei XIV secolo, come non si può leggere l’Orlando furioso senza conoscere il 'codice' della letteratura cavalleresca del Rinascimento, così anche i Vangeli vanno collocati nel tempo e nello spazio, sono opera di scrittori che hanno rielaborato i fatti secondo una griglia interpretativa (teologica, nel caso): che è il carattere distintivo di ogni opera letteraria.
Queste esplicitazioni didattiche, cui l’autore fa spesso ricorso, sono un aspetto molto utile: lo studente liceale, che oggi viene sempre più abituato a leggere un’opera collocandola nel tempo e nello spazio, ritrova gli stessi metodi, lo stesso tipo di approccio nei passi evangelici analizzati da p. Callisto.

Ma su questa riflessione se ne innesta subito un’altra. Con lo sviluppo della ricerca storico-critica, negli ultimi decenni sembra essersi prodotta una divaricazione tra il "Gesù degli storici" e il "Gesù della fede". Che cosa dire? Direi questo: la nostra mentalità ancora (felicemente, dico io) illuministica pone l’esigenza di un livello di conoscenza razionale indipendente dalla fede. Non possiamo prescindere dalla ricerca storica che mira ad un accertamento dei fatti con spirito critico (non parlo qui di un gretto positivismo): e la ricerca storica non impedisce di credere, e (ovviamente) nemmeno obbliga a credere: lascia la libertà di credere o meno. Ma è necessaria. Che cosa troviamo nel libro di p. Callisto? Troviamo una forte esigenza di conoscenza storica: il Gesù di Nazaret che egli ci propone è il Gesù storico, che egli ci fa conoscere a partire dal luogo e dal tempo in cui è nato e cresciuto: ci sono anche pagine sull’aspetto fisico di Gesù, sulla sua psicologia. E giustamente l’autore contrappone - a volte in modo anche un po’ provocatorio - un Gesù "uomo" ad un’immagine oleografica di quel Gesù troppo Dio per essere uomo che una certa tradizione ci ha tramandato. Ma nel Gesù storico che p. Callisto ci propone c’è, e in molte pagine con molta forza, il Gesù della fede. Come dire che il tentativo di p. Callisto è proprio quello di conciliare il Gesù storico con il Gesù della fede.

Un’ultima riflessione. Credo che p. Callisto non ci avrebbe dato l’opera che questa sera abbiamo fra le mani senza due esperienze delle quali egli stesso ci parla fin dall’inizio: il suo insegnamento, particolarmente nei licei; i suoi pellegrinaggi in Terra Santa. Dalla prima nasce la chiarezza didattica presente in ogni pagina, la volontà di comunicare in modo chiaro (linguisticamente, concettualmente) il proprio pensiero a un lettore di fronte al quale egli si pone come a un interlocutore che lo sta ascoltando. Con la seconda si spiegano e si capiscono meglio quei continui riferimenti, molto vivi e concreti, ai luoghi in cui Cristo è vissuto ed ha predicato il suo messaggio: io stesso ho partecipato, quest’anno, a un pellegrinaggio in Palestina con p. Callisto e devo confessare che inizialmente nutrivo un qualche scetticismo nel senso che, se non dubitavo che quel viaggio mi avrebbe consentito una migliore lettura "storica" del vangelo, mi domandavo se avrebbe reso possibile anche una migliore lettura "religiosa" (non c’era il pericolo, mi chiedevo, se mi si consente il termine, di un certo feticismo?). L’esperienza vissuta con p. Callisto mi ha dimostrato che i miei dubbi non erano giustificati: un pellegrinaggio in Terra Santa aiuta indubbiamente a capire il Vangelo anche nella sua specifica dimensione religiosa.
E, naturalmente, non si potrebbe capire perché p. Callisto ha scritto questo libro senza un’altra esperienza (oltre a quella di insegnante e di pellegrino), ben più radicale: la fede. Lo dice in modo molto sobrio alla fine: "Questo lavoro è nato dalla fede e dall’amore per Gesù Cristo al quale ho cercato di dedicare la mia vita".

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