domenica, novembre 05, 2006

 

La virtù

Etic(hett)a da "il c@ffè", 5 novembre 2006

Credo che i miei lettori possano darmi atto che in queste etichette non ho mai cercato di fare discorsi moralistici. Non perché odi la morale, ma perché voglio che l’etic(hett)a sia aperta a tutti, anche a coloro che non seguono i dettami di una morale connotata da principi religiosi. Lo so che molti miei lettori, religiosi non lo sono.
Tralasciando quindi discorsi moralistici (disprezzativo di morale) non voglio tralasciare di parlare della virtù. Che cosa è la virtù? Se lo chiediamo al nome stesso troviamo che la parola virtù è imparentata con la parola latina vir che vuol dire uomo; non perché soltanto gli uomini siano virtuosi, anzi credo che lo siano di più le donne, specialmente nella pazienza, nella capacità di servizio e forse anche nell’amore disinteressato. La parola vir qui ha una connotazione particolare: significa forza, coraggio, e la virtù domanda forza e coraggio per essere esercitata. Infatti questa parola virtù è imparentata, forse cugina, anche dalla parola latina vis che vuol dire appunto forza.
Oggi la parola virtù è una parola dissueta, si ha quasi vergogna di nominarla, invece dovremmo rispolverarla e rimetterla come lampada sul tavolo perché illumini tutta la casa. Infatti, in una famiglia dove non si coltivano le virtù, fatalmente si arriva a coltivare i vizi che sono esattamente il contrario della virtù, o se non proprio i vizi, almeno l’indifferenza e la sciattaggine. Vi voglio riportare una parola di Gerard Kelly, noto educatore americano che ha scritto: “Noi siamo troppo proclivi a pensare alla virtù come a una cosa insignificante o addirittura noiosa e pesante. Mentre attribuiamo al male tutte la attrattive del mondo. In questo modo finiamo nel vedere la pratica delle virtù come una repressione, leviamo la vernice che maschera il male e troveremo miseria e disgusto”.
Sottoscrivo pienamente queste parole. Nella mia pratica come consulente familiare, quante volte ho trovato miserie e disastri là dove non si sono coltivate le virtù. Si è dato libero corso al male rappresentato da una spasmodica ricerca della ricchezza, da una incapacità di educare i figli alla sincerità e alla modestia, e da una allergia totale al perdono. In queste condizioni, soprattutto quando la coppia va in crisi, la mancanza di allenamento a qualsiasi virtù si trasforma in odio e qualche volta in violenza. Scrivo questo perché la diocesi di Lugano sta approfondendo una lettera del vescovo sulla famiglia.

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